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CLIVE CUSSLER
CLIVE CUSSLER
VIRUS
(Vixen 03, 1978)
Alla classe del '49 del liceo Alhambra
che finalmente si è ritrovata
OBLIO
Buckley Field, Colorado
gennaio 1954
Il Boeing C-97 Stratocruiser sembrava una cripta. Forse l'immagine era
suggerita dalla gelida notte invernale, forse dalle folate di neve che si am-
mucchiava sulle ali e sulla fusoliera in una coltre di ghiaccio. Le luci tre-
mule della cabina di pilotaggio che filtravano attraverso il parabrezza e le
ombre fuggevoli degli specialisti addetti alla manutenzione contribuivano
ad accentuare la sensazione di disagio.
Il maggiore Raymond Vylander, dell'Aeronautica degli Stati Uniti, non
era entusiasta di ciò che vedeva. Rimase a osservare in silenzio dalla fine-
stra mentre l'autocisterna si allontanava e spariva nell'oscurità tempestosa.
La rampa di carico fu fatta rientrare nella parte posteriore del grande ven-
tre di balena, poi i portelloni della stiva si chiusero lentamente. Rivolse lo
sguardo alle file gemelle delle luci bianche che fiancheggiavano i tremila-
trecento metri della pista della Base Aerea della Marina di Buckley, nelle
pianure del Colorado. La luminescenza spettrale si perdeva nella notte die-
tro il velo di neve.
Girò di nuovo gli occhi e studiò la faccia stanca riflessa nel vetro. Il ber-
retto spinto all'indietro rivelava un ciuffo di folti capelli scuri. Le spalle
dell'uomo erano incurvate in avanti e contribuivano a dargli l'aspetto teso
di un centometrista che attende lo sparo della partenza. L'immagine traspa-
rente che filtrava oltre il vetro e si inquadrava in quella degli aerei sullo
sfondo lo fece rabbrividire. Chiuse gli occhi, relegò la scena nell'angolo
più remoto della mente e si voltò.
L'ammiraglio Walter Bass, seduto sul bordo di una scrivania, piegò con
cura una carta meteorologica, si asciugò con un fazzoletto la fronte sudata
e fece un cenno a Vylander.
«Il fronte del maltempo si sta spostando dal versante orientale delle
Montagne Rocciose. Dovrebbe uscire dalle nubi più o meno sullo spartiac-
que continentale.»
«Purché riesca a far alzare da terra quel sacco di patate.»
«Ci riuscirà.»
«Decollare con un aereo così pesante con il pieno di carburante e un ca-
rico di trentun tonnellate e mezzo durante una tempesta di neve con un
vento trasversale di trenta nodi e da un'altitudine di millecinquecento metri
non è esattamente uno scherzo.»
«Tutti i fattori sono stati tenuti nella dovuta considerazione», disse fred-
damente Bass. «Il carrello dovrebbe staccarsi da terra con un margine di
novecento metri di pista.»
Vylander si lasciò cadere su una sedia come un pallone sgonfio. «Vale la
pena di rischiare la pelle dei miei uomini, ammiraglio? Cosa c'è di tanto
indispensabile per la Marina degli Stati Uniti, per trascinare un carico di
ciarpame su un'isola del Pacifico?»
Per un momento Bass avvampò, ma si calmò subito. Parlò in tono genti-
le, quasi di scusa. «È molto semplice, maggiore. Il ciarpame, come lo
chiama lei, è un carico di massima priorità destinato a un segretissimo
programma di collaudo. Dato che il suo Stratocruiser era l'unico trasporto
pesante nel raggio di milleseicento chilometri in grado di compiere la mis-
sione, l'Aeronautica ha acconsentito a prestarlo temporaneamente alla Ma-
rina. E questo include anche lei e il suo equipaggio, ecco tutto.»
Vylander gli lanciò un'occhiata penetrante. «Non vorrei sembrarle insu-
bordinato, ammiraglio, ma non è tutto. Neppure per idea.»
Bass girò intorno alla scrivania e sedette. «Deve considerarlo un volo
normale, niente di più.»
«Le sarei grato, signore, se si degnasse di dirmi cosa c'è dentro i conteni-
tori nella mia stiva.»
Bass evitò il suo sguardo. «Mi dispiace, ma si tratta di materiale segre-
tissimo.»
Vylander si rese conto che non c'era niente da fare. Si alzò, stancamente,
prese la cartelletta trasparente con il piano di volo e le carte e si avviò alla
porta. Poi esitò, si voltò. «Nell'eventualità che dovessimo sbarazzarci del
carico...»
«No! Se si presentasse una situazione d'emergenza», esclamò Bass in
tono solenne, «atterri in una zona spopolata.»
«Mi sta chiedendo troppo.»
«Non le chiedo nulla. Il mio è un ordine! Lei e l'equipaggio non dovrete
abbandonare l'aereo in nessuna circostanza, fra qui e la destinazione.»
Vylander si oscurò. «Allora immagino che non ci sia altro.»
«C'è un'altra cosa.»
«E cioè?»
«Buona fortuna», disse Bass, con un sorriso forzato.
A Vylander quel sorriso non piaceva neppure un po'. Aprì la porta e,
senza rispondere, uscì nell'aria gelida.
Nella cabina di pilotaggio, stravaccato sul sedile e con la nuca appoggia-
ta di un buon palmo sotto il poggiatesta, il copilota, tenente Sam Gold, sta-
va effettuando i controlli previsti, mentre dietro di lui, sulla sinistra, il ca-
pitano George Hoffman, il navigatore, giocherellava con un goniometro di
plastica. Nessuno dei due badò a Vylander quando entrò dalla stiva.
«Rotta impostata?» chiese Vylander a Hoffman.
«Tutto lo sporco lavoro preliminare l'hanno sbrogliato gli esperti della
Marina. Ma non sono d'accordo con il percorso panoramico che hanno
scelto. Vogliono farci sorvolare le zone più desolate dell'ovest.»
Sul volto di Vylander apparve un'espressione preoccupata che non sfug-
gì a Hoffman. Il maggiore girò la testa per guardare gli enormi contenitori
metallici fissati al pavimento della sezione di carico e cercò di immaginar-
ne il contenuto.
La sua contemplazione fu interrotta dall'apparizione della faccia ine-
spressiva del sergente maggiore Joe Burns, il motorista, che si era affaccia-
to al portello della cabina di pilotaggio. «Tutto chiuso. Pronti per avventu-
rarci nell'ignoto, maggiore.»
Vylander annuì senza staccare gli occhi dai contenitori. «Okay, mettia-
mo in moto questa camera degli orrori.»
Il primo motore si accese scoppiettando, seguito dagli altri tre. Poi venne
staccato il gruppo elettrogeno ausiliario, i ceppi che bloccavano le ruote
furono tolti, e Vylander guidò l'apparecchio sovraccarico verso l'estremità
della pista principale. Le guardie del servizio di sicurezza e gli addetti alla
manutenzione si allontanarono in fretta per andare a ripararsi nel tepore di
un hangar mentre l'aria smossa dalle eliche sferzava loro la schiena.
Nella torre di controllo l'ammiraglio Bass guardava lo Stratocruiser che
avanzava come uno scarafaggio gravido sul campo spazzato dalla neve.
Prese un telefono e parlò nel microfono, a voce bassa.
«Può comunicare al presidente che il Vixen 03 si sta preparando al de-
collo.»
«Per che ora prevede l'arrivo?» chiese la voce severa di Charles Wilson,
il segretario della Difesa.
«Tenendo conto di uno scalo per il rifornimento a Hickam Field, nelle
Hawaii, il Vixen 03 dovrebbe atterrare nell'area del test approssimativa-
mente alle quattordici, ora di Washington.»
«Ike ha fissato l'ora per le otto di domani. Esige un rapporto dettagliato
sugli esperimenti in programma e un aggiornamento continuo sul volo del
Vixen 03.»
«Partirò immediatamente per Washington.»
«Non ho bisogno di ricordarle, ammiraglio, quel che succederebbe se
l'aereo precipitasse su una grande città o nelle vicinanze.»
Bass esitò. Vi fu un silenzio lungo e terribile. «Sì, signor segretario. Sa-
rebbe veramente un incubo che nessuno di noi potrebbe sopportare.»
«La pressione di alimentazione e la coppia sono un po' sotto il minimo»,
annunciò il sergente Burns che spiava il quadro dei motori con l'intensità
di un furetto.
«Abbastanza per abbandonare la missione?» chiese Gold in tono speran-
zoso.
«Mi dispiace, tenente. I motori a pistoni nell'atmosfera rarefatta di Den-
ver non danno le stesse prestazioni che hanno al livello del mare. Tenendo
conto dell'altitudine, la lettura degli strumenti è normale.»
Vylander fissò la striscia di asfalto che si estendeva davanti a lui. La ne-
ve cadeva meno fitta, e lui riusciva quasi a vedere il segnale di metà pista.
Il suo cuore cominciò a battere più forte, allo stesso ritmo dei tergicristalli.
Dio, pensò, non sembra più grande di un campo di bocce. Come se fosse in
trance, tese la mano e prese il microfono.
«Torre di controllo di Buckley, qui Vixen 03. Pronti per il decollo. Pas-
so.»
«È tutta vostra, Vixen 03», disse la voce stridula dell'ammiraglio Bass
attraverso la cuffia. «Mi tenga da parte una bella indigena.»
Vylander interruppe la trasmissione, sbloccò i freni e spinse al massimo
le manette dei quattro motori.
Il C-97 avventò il muso tondeggiante nella neve che turbinava e inco-
minciò a procedere faticosamente sul lungo nastro d'asfalto mentre Gold
annunciava con voce monotona l'aumento della velocità.
«Cinquanta nodi.»
Troppo presto, un cartello luminoso con un grande numero 9 sfrecciò
accanto all'aereo.
«Ancora duemilasettecento metri», disse Gold. «Velocità settanta.»
Le luci bianche della pista si sgranavano confuse oltre le estremità delle
ali. Lo Stratocruiser si avventò, con i potenti motori Pratt e Whitney che
fremevano sui supporti, le eliche a quattro pale che artigliavano l'aria rare-
fatta. Le mani di Vylander erano cementate sul volante, le nocche delle di-
ta erano sbiancate, le labbra alternavano preghiere e bestemmie.
«Cento nodi... restano duemilacento metri.»
Burns non staccava gli occhi dal quadro degli strumenti e studiava ogni
fremito degli indicatori, pronto a scoprire il primo segno di difficoltà. Hof-
fman non poteva far altro che restare immobile a guardare la pista che spa-
riva a una velocità eccessiva.
«Centoventicinque.»
Ora Vylander lottava con i comandi mentre il rabbioso vento trasversale
investiva gli alettoni e il timone. Un rivolo di sudore gli scorreva sulla
guancia sinistra. Attendeva un segno che indicasse che l'aereo incomincia-
va ad alleggerirsi; ma aveva sempre l'impressione che una mano gi-
gantesca premesse sul tettuccio della cabina.
«Centoventicinque nodi. E abbiamo superato il segnale dei millecinque-
cento metri.»
«Alzati, bello, alzati», implorò Hoffman mentre gli annunci di Gold co-
minciavano a succedersi sempre più rapidamente.
«Centoquarantacinque nodi. Restano mille metri.» Si rivolse a Vylander.
«Abbiamo appena superato il punto del
go, no-go.
»
«Con tanti saluti al margine di sicurezza dell'ammiraglio Bass», borbottò
Vylander.
«Ci avviciniamo ai seicento metri. Velocità centocinquantacinque.»
Vylander vedeva le luci rosse in fondo alla pista. Gli sembrava di pilota-
re un macigno. Gold continuava a sbirciarlo nervosamente, in attesa di
quel movimento dei gomiti che avrebbe annunciato il distacco delle ruote
dalla pista. Vylander era immobile come un sacco di cemento.
«Oh, Dio... Il cartello dei trecento metri... si avvicina, si avvicina... supe-
rato!»
Vylander tirò indietro il volantino. Per quasi tre secondi, un'eternità, non
successe nulla. Poi, con una lentezza tormentosa, lo Stratocruiser si staccò
dal terreno quando mancavano meno di cinquanta metri al termine della
pista.
«Su il carrello!» ordinò con voce rauca.
Trascorsero alcuni istanti d'inquietudine fino a quando il carrello non
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