Giobbe Covatta - Parola Di Giobbe.pdf

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Covatta, Giobbe - Parola di Giobbe 8 mm
Giobbe Covatta
Parola di Giobbe.
Traduzione dall’originale napoletano DICETTE GIOBBE, di Paola Catella.
Illustrazioni di Stefano Disegni.
Copyright c 1991 Adriano Salani Editore s r.l.
Firenze, via del Giglio 15
In copertina:
Come hanno potuto Caino e Abele generare l’umanità?
Quando è stato creato Andreotti? E i Puffi? E la forfora?
Perché il Signore distrusse Gomorra? Che quote avevano i bookmakers per Golia contro Davide? Gesù era bravo a fare le moltiplicazioni, ma le
somme? I Corinti hanno mai risposto alle lettere di San Paolo?
A questi e a mille altri dubbi che ci hanno sempre assillati sin dalla più tenera infanzia, sin dalle prime lezioni di catechismo, Giobbe Covatta fornisce
una risposta in un libro esilarante e travolgente, che si inserisce in una lunga tradizione italiana di parodie bibliche (basti pensare alla meravigliosa
storia sacra sparsa tra i sonetti del Belli).
Scopriremo, tra l’altro, che Noè non è stato l’unico a costruire un’arca, che Isacco aveva un fratello e l’arcangelo Gabriele un meno noto collega, che
essere il prediletto del Signore non è sempre una bella cosa e da dove viene il detto “prendere due piccioni con una fava”.
Se poi qualche punto dovesse rimanere ancora oscuro, ci penseranno le fulminanti illustrazioni di Stefano
Gianmaria Covatta, detto Giobbe (non chiedetegli perché) è un bell’uomo di 35 anni: robusto, bel fisico, interessante, insomma proprio un
bell’ometto.
Nasce a Taranto nel ’56 ma all’età di tre anni si trasferisce a Napoli, dove cresce e studia.
Fa la sua prima apparizione in pubblico al Derby di Milano nell’83, ma il pubblico non è troppo d’accordo, però insiste e continua a frequentare teatri
e locali di cabaret fino all’88 quando viene scoperto dalla TV, scoperta reciproca considerando che fino a quel momento, il nostro eroe era molto più
interessato al frigorifero che alla televisione.
Col piccolo schermo raggiunge quindi il grande pubblico aumentando infinitamente la quantità di insulti che gli vengono rivolti. Comunque come Dio
vuole partecipa a molte trasmissioni: Fate il vostro gioco; Ci c’è; Tirami su (RAI 2). Notte all’Odeon; Telemeno; Sportacus (Odeon Tv, ). Banane 1;
Banane 2 (TMC.. Il gioco dei 9; Maurizio Costanzo Show (Canale 5..
Parola di Giobbe è il suo primo libro.
Paola Catella, fiorentina, con una laurea in filosofia nascosta nel cassetto, ha iniziato a scrivere prima di parlare e ancora non vuole smetterla.
Ha pubblicato un paio di libri di racconti (Bambole, edi ERI e Storie quasi vere, edizioni GIUNTI); lavora come autrice di trasmissioni televisive e
come sceneggiatrice di film.
PREMESSA.
Ogni riferimento a fatti, persone o miracoli realmente avvenuti è da considerarsi puramente casuale.
ANTICO TESTAMENTO.
All’inizio era il Verbo…
Il complemento oggetto venne molto tempo dopo.
LA GENESI.
Si era nella notte dei tempi, e Dio era ancora immensamente piccolo.
Quella sera i suoi genitori, il Signore e la Signora Padreterno, erano stati invitati a una festa in maschera da Manitù. Per animare un poco la serata si
erano vestiti da cow boy, perché a quelle feste ci si annoiava molto: ogni due valzer c’era una danza della pioggia!
Il piccolo Dio doveva restare solo a casa.
“Ho paura” aveva detto.
“Alla tua età?!” aveva risposto il papà. “Hai quasi un miliardo di anni… Sei un uomo ormai!”.
“Cos’è un uomo?” aveva chiesto Dio.
“Boh?” avevano risposto i genitori, ed erano usciti.
Ora il piccolo Dio era nel suo lettino con gli occhi sbarrati. Nel buio, perché la luce non c’era, e col triangolo sul comodino, non perché aveva forato
ma perché a dormire col triangolo in testa si bucava tutto il cuscino.
Dopo tre millenni che tentava di dormire, si alzò per andare in cucina. Ma la cucina non c’era. Il frigo non c’era, la televisione non c’era, il Lego non
c’era… Non c’era nulla, ma proprio nulla di nulla: e infatti era il nulla assoluto.
Allora il piccolo Dio prese le formine e andò in giardino a creare. Tutti in famiglia erano molto creativi: papà Padreterno lavorava in pubblicità e
aveva creato le gomme che non si attaccano ai denti.
Ed ecco che il piccolo Dio creò la luce. La fece dodici ore sì e dodici ore no, perché il papà gli aveva detto: “Poi la bolletta la pago io!”.
E dopo la luce creò acqua, gas e telefono.
Poi creò delle palle e le appese immobili nel cielo.
Poi le fece girare, e subito fu un gran giramento di palle.
Poi passò agli animali.
Col pongo fece il maiale, e non gli avanzò nulla: non dovette buttare neanche un pezzettino di pongo. E allora disse: “Col maiale non si butta nulla”.
Poi Dio creò il cane e la sua famiglia: iene, coyoti, lupi. E subito il più fetente di questi, lo sciacallo, andò dal maiale e disse: “Sei un porco”.
“Eh già, ” rispose il maiale “ha parlato l’ermellino!”.
E Dio li guardò soddisfatto e disse: “Ora ho creato cani e porci”.
Ma era solo agli inizi.
Allora Dio creò un animale che stava sempre zitto, e disse: “Questo è muto come un pesce” e lo chiamò pesce.
Poi scivolò e ci cadde sopra, e fece la sogliola.
Poi Dio creò il Panda, ma solo per la città: per i viaggi lunghi creò la Thema diesel.
Poi creò lo spaturno, ma vide che era inutile, e lo disintegrò. Però ci rimase male ad aver creato un animale inutile, e di pessimo umore se ne andò in
un angolino. E tutti gli dissero: “E dài, non fare l’orso…”.
E lui per ripicca fece proprio l’orso.
Poi creò la cicala e la formica. La formica lavorava come un asino, e la cicala cantava come un grillo. E la formica si incazzò come una pecora (a quel
tempo le pecore erano molto incazzose) e disse: “Ma come, quella canta sempre e io lavoro sempre… Io faccio un macello!”.
Poi creò il coccodrillo, e subito dopo la maglietta.
Così mise il coccodrillo sulla maglietta, e fu un grande successo.
Poi Dio mise un coccodrillo da una parte e una iena dall’altra: e uno piangeva, piangeva, piangeva, e piangeva lacrime di coccodrillo; e l’altra rideva,
rideva, rideva e rideva come una iena. Allora Dio ci mise di mezzo il gufo, che stava serio serio.
Poi Dio fece la piovra, che subito gli chiese l’appalto per il dromedario, perché con quelli con la gobba la piovra ci andava d’accordo fin da allora.
Poi Dio fece il toro, ma si sbagliò e gli fece le corna, e disse: “Porca vacca”, e marchiò così la povera vacca per sempre.
Poi Dio fece il cervo, ma si sbagliò ancora e gli fece le corna, e disse: “Porca vacca”, e alla vacca gli cominciarono a girare i rognoni, e disse: “Va be’,
ma perché sempre io?”.
Dopo sei giorni passati a fare animali, Dio si stancò e andò altrove, a creare un universo di trenini elettrici.
Creò vagoni, rotaie, locomotive, e anche i ferrovieri, che divennero padroni di quell’universo e adoravano come profeta il direttore generale delle
ferrovie dello Stato.
E Dio creò la settimana corta, perché questa volta ci aveva messo solo quattro giorni per fare tutto, e disse: “Sto migliorando…”.
Quando tornarono i genitori, dopo un milione di anni, papà Padreterno disse: “Guarda che finimondo! Ma benedetto Dio!”
E Dio rispose: “Oui, c’est moi!”.
“Tu guardi troppa pubblicità” disse suo papà. E la mamma disse: “Andiamo a dormire, domani ci penso io a rimettere tutto a posto”.
E noi siamo ancora qua ad aspettare che suoni la sveglia…
ADAMO ED EVA.
Riassunto della puntata precedente: In sei giorni il Signore aveva creato tutte le cose: il sole, la luna, quello scemo di Maradona, i puffi, la forfora, e
tutti gli animali del creato, tranne Andreotti, che era già suo segretario da tempo immemorabile.
E allora il Signore disse: “Orsù, prendiamo del fango. Orsù, impastiamolo.
Poi ci sputò sopra, e nacque Adamo. E Adamo, asciugandosi il viso, disse: “Cominciamo bene!”.
Ma i suoi guai non erano finiti lì, perché il Signore, non ancora soddisfatto, gli fece l’anestesia totale e creò la donna.
E Adamo disse: “Signore, manca un pezzettino…”.
Ma il Signore rispose:
“No, questa è la donna”.
E Adamo ancora disse: “Signore, mancano almeno tre etti… Si vede a occhio nudo!”.
Ma il Signore non volle sentire ragioni, e li mise entrambi in un posto così bello che si chiamava come un cinema a luci rosse: Eden.
E allora il Signore disse: “Qui potete mangiare di tutto: carne, pesce, pane e Nutella, fritto misto, pizza margherita, ma non le mele, le mele no, LE
MELE NO!”.
E Adamo rispose: “Non ti incazzare… Ci stanno gli aranci che mi piacciono pure di più… Mangeremo gli aranci!”.
Ed ecco che Adamo si diede a dare i nomi agli animali. E diceva: “Tu ti chiamerai levriero, tu ti chiamerai porco…”
E il maiale diceva: “Ma come?! Quello levriero e io porco? E dove sta la giustizia divina?”
“E che cosa dovrei dire io, allora?” si lamentava lo scarrafone.
In quella Eva si trovava vicino a un albero; a un tratto si girò e vide un serpente. E disse: “Che schifo!”
“Sei bella tu!” rispose il serpente, che era permaloso.
Ed ecco che prese a parlare ad Eva con voce suadente: “Le mele fanno bene, contengono le vitamine, una mela al giorno leva il medico di torno,
meglio farsi le mele che farsi le pere… Se mangerete di questo frutto diventerete intelligenti”.
Ed Eva disse: “Ma noi siamo già intelligenti!”.
E il serpente guardò Adamo e disse: “Chillo è n’ora che va parlanno co’ nu porco… Ti pare intelligente?”
“E vero” rispose Eva, e sputò in faccia ad Adamo.
“Che brutta giornata” disse Adamo. “Sono stato appena creato e già mi hanno sputato in faccia due volte”.
Ed Eva gli offrì una mela, ma Adamo rispose: “La mela no, costa un’ira di Dio!”.
Ma Eva minacciò di portarlo in un ristorante cinese, e Adamo accettò la mela. E mangiarono il frutto proibito.
Ed ecco arrivò il Signore e disse: “Vi caccio, quant’è vero Dio!”.
Ed Eva suggerì piano ad Adamo: “Diciamogli che siamo atei!”.
Ma Adamo scosse la testa: “Non posso, lo conosco personalmente”, e si coprì il viso per evitare che qualcuno gli sputasse in faccia.
E il Signore disse: “Donna, tu partorirai con gran dolore. Uomo, tu lavorerai con gran sudore, ammesso che troverai lavoro.
E la Terra produrrà spine e sofferenze”.
E Adamo disse: “Ma santo Dio, tutto questo per una mela? Domani te ne porto un chilo…”
“Non è per la mela, ” disse il Signore “è una questione di principio: oggi la mela, domani la collezione di francobolli, che figura ci faccio di fronte alla
gente?”
“Ma se non c’è nessuno!” disse Adamo, ma il Signore fece finta di non sentire e sventolando il cartellino rosso se ne andò dicendo: “A me!”, che in
antica lingua divina vuol dire “Addio”, ma nessuno lo capì.
E Adamo ed Eva abbandonarono il Paradiso terrestre, e affittarono una caverna: due stanze, servizi e cucina abitabile, contratto uso foresteria.
E Adamo chiese a Eva: “Ti ha detto nulla la mamma?”, ma subito aggiunse: “Ah già, la mamma sono io!”
E dovettero procedere per tentativi: prima un dito nell’occhio, poi un piede in bocca, poi un ginocchio nell’orecchio… Fin quando si conobbero in
senso biblico.
E Adamo disse: “E stato un piacere conoscerti, bambola, e a te cosa è sembrato?”
“Certo meglio di quando mi hai infilato il gomito sotto l’ascella… Comunque, per essere uno appena uscito dall’eternità, ci hai messo proprio un
attimo!”.
E quella notte Eva rimase incinta. E Adamo disse: “Che iella, alla prima botta!”.
Ed Eva disse: “Potevi starci almeno attento, pensi solo a te stesso!”.
E fu così che fu gettato il seme del primo uomo e anche quello della prima incomprensione.
Ed Eva si gonfiò sul ventre.
E Adamo disse: “Prova con due dita in gola”.
Ma Eva disse: “Non è lo stomaco, questo è un figlio… Dobbiamo pensare al nome da dargli!”.
E Adamo disse: “Se esce da dove sono entrato io, lo chiamiamo Houdini!”.
E nacque Caino, e Adamo lo guardò e disse: “Come è piccolo! Io appena nato non ero così piccolo…”.
E Adamo volle conoscere di nuovo Eva. E il Signore vide e chiamò: “Adamo!”.
E Adamo, che stava conoscendo Eva proprio in quel momento, disse: “Questa è la segreteria telefonica di Adamo. Non sono in casa…”.
E il Signore disse: “Adamo, non fare il cretino, e smetti di fornicare”.
“E va be’, e le mele no, e fornicare no… Tu hai bisogno di uno psicanalista!”.
E per questa distrazione Eva rimase incinta per la seconda volta, e Adamo disse: “A proposito, Signore, non è che potresti creare la farmacia? Sai
come vanno le cose: far bene la conoscenza fa bene alla conoscenza…”.
Ma Dio non creò la farmacia, ed Eva non volle più conoscere Adamo. E quando Eva voleva conoscere, Adamo aveva mal di testa.
E non si trovarono mai più d’accordo su questo argomento, e questa fu la vera maledizione per l’umanità.
CAINO E ABELE.
È lecito chiedersi come Caino e Abele abbiano potuto gènerare l’umanità.
Un pastore e un agricoltore, anche tenuti in cattività insieme per quarant’anni, non avrebbero mai potuto farcela, anche se il pastore fosse stato un
brasiliano operato.
Un agricoltore e una pastorella sì.
Un pastore e un’agricoltrice sì.
Ma un pastore e un agricoltore? No.
Quella che segue è la cronaca di come andarono effettivamente le cose.
L’assoluta mancanza di testimoni rende del resto improbabile una smentita.
Caino e Abele non erano stati sempre due. Infatti, prima della nascita di Abele, Caino era figlio unico, ma proprio unico, perché sulla faccia della
Terra ci stava solo lui con i suoi genitori.
La solitudine pesava molto a Caino, e mamma Eva cercava invano di consigliarlo per il meglio: “Caino dovresti trovarti una ragazza, Caino perché
non telefoni a qualcuno, Caino porta a pranzo qualche amico…”.
E fu così che Caino non riuscì mai a superare il suo senso di solitudine, e diventò presto anche psicopatico.
Eva era molto preoccupata, e disse ad Adamo: “Dovremmo dargli una sorellina”.
E fu così che nacque Abele, che crebbe e divenne bello, biondo, alto, con la minigonna di leopardo e la messa in piega con le mèches: una specie di
Donatella Rettore, ma più educato.
E Caino cominciò a odiare Abele perché ogni sera, quando tornava a casa, Abele chiedeva: “Chi è?”.
E Caino rispondeva: “E chi può essere, che sulla faccia della Terra ci stiamo solamente noi due?”.
E ogni volta che Caino usciva, Abele si raccomandava: “Non parlare con gli sconosciuti”.
E il carattere di Caino peggiorava.
La sera, non sapendo che fare, i due fratelli giocavano allo schiaffo del soldato. Abele stava sotto, e Caino colpiva con un grosso ramo di quercia la
mano del fratello. Poi chiedeva: “Chi è stato?”
“Caino” rispondeva Abele.
“Sbagliato, stai sotto ancora tu”.
In questo modo, Caino costringeva Abele a stare sotto anche per sei mesi di fila, dimostrando così Caino la sua malvagità, e Abele la sua idiozia.
Crescendo, Abele divenne pastore, e Caino agricoltore.
Abele aveva un sacco di agnelli, che chiamava per nome: Gianni, Susanna, Umberto, Edoardo… Ma non sapeva che farsene.
Provò ad aprire un ristorante: ‘Chez Abel’, specialità abbacchio al forno, ma dovette chiudere per mancanza di clienti, visto che Caino era
vegetariano.
Allora si diede al commercio, ma nessuno voleva le sue pecore: Caino ne comprava giusto una di tanto in tanto, poi, quando non ne era più
innamorato si faceva una giacca di montone rovesciato. Abele, per disperazione, si diede a fare sacrifici al Signore. Ogni giorno bruciava sette o otto
agnelli in sacrificio.
Caino, invece, non faceva mai sacrifici al Signore.
E Abele diceva: “Cai’, ti aiuto io”. E Caino rispondeva: “Abe’, se tocchi qualcosa ti ammazzo!”.
Un giorno Caino tornò a casa e trovò Abele tutto allegro: “Sorpresa!” disse Abele. “Ho sacrificato per te tutte quelle foglie brutte, secche e puzzolenti
che tenevi in cantina. Il Signore è contento, e tu ti sei liberato di tutta quell’erbaccia schifosa!”
“Schifosa?” gridò Caino. “Quella era erba buonissima!”.
E fu così che Abele scoprì che Caino faceva uso di stupefacenti; ma non fece in tempo a rammaricarsene perché Caino, incazzato come una biscia, gli
diede una martellata che lo fece stramazzare a terra come un tappetino da bagno.
E in quella si udì una voce: “Ashfatal sich ismnael eton oschiatah virò!”.
Che in antica lingua divina significa: “Ehi tu!”.
E Caino alzò gli occhi al cielo, non perché fosse stufo, ma perché da lì proveniva la voce. E la voce continuo: “Ehi tu, laggiù, coso lì, come ti
chiami… Ué, con tutta ‘sta gente che ho creato non mi ricordo mai un nome!”
“Sono Caino, tu chi sei?”
E la roboante voce rispose: “Rambo, no, macché Rambo, sono… Superman…
Ma no, che sto dicendo? Sono… chi sono? Non mi ricordo più, oddio… Ah già, Dio, è vero, ecco chi sono, Dio… O no?”.
E Caino capì che il fumo del sacrificio era arrivato fino in cielo.
“Caino, dov’è Abele?” chiese Dio.
“Boh?” rispose Caino.
«‘Boh?’! Qua stiamo facendo la Bibbia e tu dici ‘boh?’!? Forza, fai sentire, come si deve dire?”.
E Caino disse: “Ufff… Che palle, e va bene: Sono forse io il guardiano di mio fratello?”
“Bravo, ” disse il Signore “lo vedi che quando ti applichi non sei poi così cretino?”.
E il Signore punì Caino per l’omicidio del fratello, e disse: “Donna, tu partorirai con gran dolore, uomo, tu lavorerai con gran sudore… Ah no! Questo
l’ho dato come compito a casa l’altra volta. Allora scegli: dire, fare, baciare, lettera o testamento?”
E Caino rispose: “Proviamo testamento…”
“Antico o Nuovo?”
“Uffa, fai un po’ tu…”
E il Signore disse: “Per punizione farete la partenza intelligente ad agosto, e vi alzerete alle due di notte per non trovare traffico, e vi accorgerete che
tutti sono partiti alle due di notte per non trovare traffico, e vi troverete con quattro milioni di intelligenti al casello dell’autostrada, e gli unici cretini
saranno i ladri che in città ripuliranno tutti gli appartamenti…”
“E terribile” disse Caino, ma Dio non aveva ancora finito.
“E vi dovrete fare tutti gli anni i regali di Natale. E dopo aver girato tre settimane per trovare un pigiama di flanella da regalare ai vostri parenti,
riceverete in regalo diciannove pigiami di flanella, e sarete condannati a una catena di Sant’Antonio di pigiami di flanella…”
“Basta, ti prego!” esclamò Caino, ma Dio non aveva ancora finito.
“E quella volta su duecento che una donna vi si concederà, a condizione di usare il profilattico per paura delle malattie, ci sarà lo sciopero delle
farmacie, e non troverete in casa neanche il domopak, per risolvere la faccenda artigianalmente…”
“E poi?” chiese Caino, ma questa volta Dio aveva veramente finito, e disse: “Te l’avevo detto, Caino: fate l’amore, non fate la guerra!”.
“E con chi?” urlò Caino “Che qua ci stavamo solo io e quell’altro rimbambito?!”
“Ué, Caino, abbassa la voce, eh! Dio ci sente perfettissimamente, in cielo, in Terra e in ogni luogo.
Egli non è sordo. Ho detto”.
E Dio fece per incrociare le braccia, ma così facendo gli scappò un fulmine che incenerì Caino sul posto.
“Perbacco, ” disse il Signore “speriamo che non abbia visto nessuno”.
Poi si rese conto che in realtà non c’era nessuno che potesse vedere.
E il giorno dopo, riposato da un bel sonno, ma ancora con un gran mal di testa, il Signore creò Ciro e Luisa.
Ed essi furono i veri progenitori dell’umanità.
DISCENDENZA DI ADAMO.
Riassunto della puntata precedente: Adamo ed Eva generarono Caino e Abele, che ebbero qualche problema.
Seconda puntata.
Ciro e Luisa generarono ENOS, che fu padre di tutti i pastori (che menano il can per l’aia), di tutti gli allevatori di galline (che cercano il pelo
nell’uovo), e anche di uno che fece il parrucchiere.
Enos non beveva, non fumava e non andava a donne anche perché ce n’erano tre o quattro in tutto. Egli in questo modo visse novecentocinque anni,
ma non si divertì un granché.
Enos generò KENAN, che fu padre di tutti gli alcoolizzati e i fumatori d’oppio, e fu lui stesso un fumatore doppio, perché fumava due sigarette alla
volta. In questo modo Kenan visse solo novecento anni, ma si divertì molto più del padre. Kenan conobbe sua moglie quattro volte ed ebbe quattro
figli: ogni botta un centro, e con quattro centri vinse un orsacchiotto.
Kenan generò MALLALLALLEA, che fu padre di tutti i balbuzienti e di tutti e trentatré coloro che entrarono a Trento tutti e trentatré trotterellando.
Mallallallea conobbe sua moglie tre volte, ed ebbe nove figli, e quando gli portarono l’orsacchiotto lo accettò ma con sospetto. Mallallallea morì
raggiunta l’età di 3427951, 06 per chi chiama da fuori Roma.
Mallallallea generò IARED, che fu padre di tutti coloro che si iscrissero alla scuola Radioelettra di Torino per diventare riparatori radio-tv, fotografi,
idraulici, con diploma riconosciuto. Iared conobbe sua moglie una infinità di volte, ma ebbe solo due figli. Sua moglie fu una donna appagata, ma lui
morì a novecentosessantadue anni senza nemmeno un orsacchiotto.
Iared generò ENOCH, padre di quasi tutti i bambini che nacquero in quel tempo, in quei luoghi e anche nelle vicinanze. In breve tempo egli fece
esaurire tutte le scorte di orsacchiotti, e anche la pazienza degli altri uomini. Tanta attività minò la salute di Enoch, il quale morì nel fiore della
giovinezza, a soli trecentosessantacinque anni. Suo fratello morì un anno dopo a trecentosessantasei anni; infatti si chiamava Bisestile.
Enoch generò MATUSALEMME, che fu padre di tutti coloro che eccellono negli sport quali: tiro alla cinghia, salto del pasto, arrampicata sugli
specchi, salto nel buio, ecc. Matusalemme non andò mai d’accordo con Enoch, per via del gap generazionale, e gli diceva spesso: “Katon shakavil”,
che in antica lingua prebabilonica significa: “Papà, sei vecchio, non puoi capire noi giovani!”.
Matusalemme visse millecentonovanta anni, che con l’Iva al 19% fa un netto di mille anni esatti.
Matusalemme generò LAMECH, che fu padre di tutti i maghi, le streghe e i commercialisti, ovvero di tutti coloro che fanno fattura. Lamech visse 777
anni, e fu lui che inventò nel televideo i sottotitoli in antica lingua prebabilonica.
Lamech non conobbe mai sua moglie, eppure generò cinquantaquattro figli maschi e quattro così così. Egli pensava di essere un mago, ma era l’unico
a pensarlo.
Di tutti questi figli uno solo passò alla storia: NOE.
Egli era il prediletto.
NOE
Noè, colui che tanto ha fatto per il genere umano e pure per quello animale.
Egli era il prediletto dal Signore: viveva nel deserto divorato dalla sete e dai pidocchi.
In quel tempo la gente sulla Terra copulava dalla mattina alla sera, e il Signore disse: “Che schifo! Visto che mi trovo quasi quasi stermino tutti e non
ci penso più”.
Noè invece era giusto, e non copulava mai, anche perché puzzava come un caciocavallo e teneva l’alito verde, che usava anche per ammazzarsi i
pidocchi addosso (e a volte pure i caimani). Faceva veramente schifo. Ed era così povero che non poteva comprare l’amore mercenario nemmeno da
una cammella. Ed era così ignorante che non avrebbe riconosciuto una cammella da un cammello. Ed era così iellato che una cammella non gli si
sarebbe mai concessa.
Egli era il prediletto.
E di questo ringraziava ogni giorno il Signore dicendo: “Daftah” che in antica lingua prebabilonica significa: “Ma possibile che fra tanta gente che ci
sta sulla faccia della Terra io sono il più cretino di tutti, e non copulo manco se ci mette mano il Padreterno?”.
Una notte Noè dormiva nel suo lettino e sentì una voce: “Noè!”
“Chi è?”
“Dio”.
“Io chi?”
“Non io, Dio, GEovA!”.
E Noè disse: “Uuuuh, non ho tempo, guardate, tengo la roba sul fuoco, mettete i dépliants sotto la porta…”
E Dio disse: “Io non ho bisogno di dépliants, io sono il Padreterno!”
“Uh Signore, scusate tanto, avete detto Geova, io pensavo ai Testimoni… cosa posso fare per voi?”
“Un’arca”.
“E che cos’è un’arca?”
“Ma insomma… Lo sanno tutti quanti che cos’è l’arca di Noè, e tu che sei Noè originale non lo sai? E
famosissima, quasi come l’albero di Natale, l’arca…
L’arca! Quella per andare per mare!”
E Noè disse: “Signore, io non ho mai visto neanche un pedalò…
Io vivo nel Sinai!”
“Non cercare scuse stupide, Noè. Tu farai questa nave e ci caricherai sopra due animali per ogni razza”.
E Noè disse: “E vivranno con me?”
“Sì”.
“E la puzza?”
“Si abitueranno” rispose il Signore.
“Ma è proprio necessario?”
“Sì, ” rispose il Signore “perché ho deciso di affogare tutti quanti”.
“Ah, bella idea, complimenti Signore, proprio un bel pensierino!”
“Sbrigati Noè, mettiti a lavorare. Non dimenticare che sei’il prediletto!”
“Che culo” disse Noè, che in antica lingua prebabilonica significa: “Sia lode al Signore”.
E Noè andò a svegliare Sem, Cam e Iafet, i suoi figli.
“Sveglia ragazzi, c’è da fare uno yacht!”.
“Che ore sono?” chiesero i figli.
“Le tre di notte” rispose Noè.
E allora i tre figli ubbidienti si alzarono dal letto, e mentre due tenevano Noè il terzo gli dava delle randellate sui denti.
Egli era il prediletto, e si costruì l’arca da solo.
E arrivarono gli animali, comprese quarantotto galline, per fare il brodo durante la traversata.
Arrivarono anche le patrocchie e le ciclopice, che a Noè col rosmarino e la pancetta gli piacevano moltissimo. Tant’è che se le mangiò durante la
navigazione e nessuno le conobbe mai.
cominciò a piovere.
Dapprima piovve poco, e fu il pediluvio.
Poi cominciò a piovere che Dio la mandava e quello fu veramente il diluvio.
Il Signore aveva detto: “Pioverà per quaranta giorni”, ma poi si distrasse, si dimenticò di Noè, e dopo centocinquanta giorni pioveva ancora.
Noè era il prediletto, e disse: “Achaton shater, jaffa, agataì duc ianet rafinai amaton”, che in antica lingua prebabilonica significa: “Uffa!”.
In quel tempo Dio stava dando fuoco a un altro pianeta, pieno di uomini con quattro pistolini che copulavano dove meno te l’aspetti. E mentre era là
che scagliava fulmini e saette, d’un tratto disse: “Mannaggia, ho lasciato l’acqua aperta sulla Terra!… Chissà se si sono lavati?”. E tornò sulla Terra e
chiuse l’acqua, poi disse: “Mannaggia, ho lasciato il fuoco acceso dall’altra parte!… Chissà se si sono cotti?”
E andò via.
E il 17 ottobre finalmente smise di piovere. E allora Noè prese una talpa, e la mandò fuori dall~oblò. E si sentì glu, glu, glu, e la talpa non tornò più.
E Noè disse: “Strano, ora manderò l’orso”. Poi, dopo una breve colluttazione, disse: “No, no, è meglio che mando la colomba”.
E la colomba tornò con un rametto di olivo.
E Noè disse: “Reciterò i salmi”.
Poi vide la lepre e disse: “Uhmmm, forse è meglio se mi faccio un salmì… Con le olive che ha portato la colomba”.
E allora disse alla colomba: “Vai di nuovo, e vedi se trovi un rametto di polenta”.
E l’Arca atterrò sul monte Arafat, e intorno era tutto fango.
E Noè disse: “Signore, ma qui è tutto fango!”
E il Signore rispose: “Dove pensavi di arrivare? A
Porto Cervo?”.
E Noè fu solo con la sua famiglia sulla Terra, e coltivò la vigna e bevve il vino, e campò altri trecentocinquanta anni, sempre ubriaco.
Egli beveva per dimenticare di essere il prediletto.
LA TORRE DI BABELE.
Riassunto delle puntate precedenti: Dopo il diluvio universale Sem, Cam e Jafet si erano riprodotti a dismisura, grazie al fortunato incontro con l’Arca
di Mimì. Era questa una nave tutta rosa, a forma di cassa ermeticamente bloccata da tutti i lati: praticamente una cassa chiusa. A bordo di questa
seconda arca vi era Mimì, al secolo Carmela Tirabuscion, una corpulenta e imbellettata donna pugliese dallo spiccato accento parigino, e le sue tre
ragazze: Deborah, Samantha e Katiuscia. Il Signore aveva permesso loro di salvarsi per tutto il bene che avevano fatto agli uomini (non proprio a tutti,
ma a molti). E passata che fu la pioggia le brave ragazze ripresero a fare dal bene, previo pagamento di una piccola quota che si aggirava sui venti
denari.
Fiorirono allora le conoscenze, alimentate anche dal fatto che ancora non esistevano né la televisione né le malattie veneree. E così, in breve tempo, la
Terra si era ripopolata, e il diluvio era rimasto solo un ricordo del passato.
Tuttavia permanevano dei piccoli traumi a livello inconscio.
Infatti, se qualcuno diceva: “Andiamo a fare il bagno”, lo spellavano vivo e lo mettevano nel sale per far piacere al Signore.
E ogni volta che pioveva qualcuno andava dal bagnino e affittava un pedalò dicendo, “Non si sa mai…”.
Ma Dio aveva fatto un patto con Noè, e aveva detto: “Giurin giurello non vi affogo più. Però posso sempre bruciarvi, frustarvi, squagliarvi, tritarvi,
friggervi nel-
l’olio, macerarvi nel limone e condirvi col prezzemolo…”.
E gli uomini in coro dicevano: “Che brava persona è il Signore!”.
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