Il fatto - 24.09.2009.pdf

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il fatto
Palazzo Chigi smentisce che Letta sia indagato. Ma la Procura generale
della Cassazione dice che l’inchiesta è a Lagonegro. Indovinate chi mente.
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SANGUE E CEMENTO
EDITORI RIUNITI
Quello che
Berlusconi
non dice
TRAVAGLIO
VAURO
L’INCHIESTA SUL
TERREMOTO
SANGUE E CEMENTO
EDITORI RIUNITI
G i ove d ì 24 settembre 2009 – Anno 1 – n° 2
Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.100
€ 1,20 – Arretrati: € 2,00
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
PER DISTRUGGERE LA RAI
ECCO IL PIANO
Max, tesoro
non stai bene?
di Marco Travaglio
M assimo D’Alema ha ragione: in Italia c’è
troppo “antiberlusconismo che sconfina in
una sorta di sentimento antiitaliano”. Lo dice anche
Berlusconi (“la sinistra è antiitaliana”), dunque è
vero di sicuro. “Questa concezione di una
minoranza illuminata che vive in un paese
disgraziato – spiega ancora D’Alema - è l’approccio
peggiore che possiamo avere. Piuttosto bisogna
sforzarsi di capire le ragioni della destra”. Sante
parole: a qualcuno basta sentir parlare D’Alema,
ricordare la sua Bicamerale e il suo governo, o
magari dare un’occhiata al lombrosario che lo
circonda, per capire al volo le ragioni della destra.
Segnaliamo dunque al Lìder Massimo alcuni
truculenti esempi di antiberlusconismo antiitaliano,
affinchè prenda buona nota e opportuni
provvedimenti.
Si aggira da anni per la politica italiana un noto
esagitato che, del presidente del Consiglio in
carica, è riuscito a dire in sequenza, con grave
sprezzo del patriottismo: “Se perde le elezioni,
Berlusconi dovrà rifugiarsi all’estero, in rovina”
(5-3-94), “è una via di mezzo tra Marinho, il
padrone della tv Globo brasiliana, e Giancarlo Cito
(31-12-93), “ha una tipica mentalità totalitaria”
(10-9-94), “è il compare di Craxi (24-6-94), “è
come Ceausescu” (2-8-94), “mi ricorda Kim Il
Sung” (13-7-94), “è il capo di una banda che
antepone i propri interessi a quelli dell’Italia”
(4-3-95), “un pericolo per l’Europa” (5-3-95),
“buffone, grandissimo bugiardo, squadrista della
tv” (5-3-95), “un barbaro” (3-5-95), “si nasconde
sotto due dita di cerone per non arrossire delle
cose che dice e porta i tacchi alti alla Little Tony”
(24-8-95), “non riconoscerei Berlusconi come
premier legittimo nemmeno se vincesse le
elezioni” (23-9-95), “fa appello agli istinti peggiori
del Paese, a quell’Italietta dei pavidi e dei
conformisti pronti ad accorrere intorno al
vincitore” (19-3-2001), “di questo passo lo
vedremo con lo scolapasta in testa” (6-4-2001),
“siamo preoccupati della salute mentale di
Berlusconi” (7-4-2001), “estraneo alle regole della
civiltà politica” (17-4-2001), “vuol fare dell’Italia la
Thailandia d’Europa” (30-4-2001). E questo per
citare soltanto le carinerie.
A ncora qualche giorno fa il feroce
La guerra di Masi corrode il servizio pubblico
Buonenotizie
Cattivenotizie
di Antonio Padellaro
dc
L a bella notizia è che il primo
Non è solo una questione di libertà
d’informazione. Le scelte aziendali
stanno regalando spot e ascolti a
Mediaset, mentre i programmi più
ricchi di pubblicità restano bloccati.
L’ultimo: Che tempo che fa.
U di Beatrice Borromeo
MIGRAN TI:
MEDIA SET
BLOCCA LE IENE
L e Iene imbavagliate per
numero del Fatto è andato let-
teralmente a ruba. Alle 8 di
ieri mattina si registrava il tut-
to esaurito con una percentuale di
venduto in edicola vicina al cento
per cento della tiratura. A detta dei
distributori, un record con pochi
precedenti. Pensavamo che le
150mila copie stampate fossero
sufficienti a coprire le richieste,
considerati i 32mila abbonati e la
diffusione limitata ad alcune re-
gioni e alle grandi città. Ci era-
vamo sbagliati e la grandinata
di telefonate che ci è piovuta
addosso richiede due ri-
sposte. Le scuse per non
essere stati all'altezza dei
nostri lettori. E il raddop-
pio della tiratura.
La cattiva notizia è la spo-
liazione della Rai da parte
dei suoi amministratori. La
mannaia su Annozero non è soltanto
l'applicazione dell'ultimo editto ber-
lusconiano da parte della solerte ser-
vitù. Il bavaglio che si tenta di met-
tere a Santoro, Travaglio e Vauro de-
riva da due ragioni imprescindibili
per Berlusconi. Eliminare una delle
ultime sacche di resistenza che, in-
sieme a Report della Gabanelli e alle
inchieste di Iacona, danno un' infor-
mazione non controllata dai partiti.
Ma al premier padrone interessa so-
prattutto saccheggiare il servizio
pubblico per travasare gli ascolti su
Mediaset. Grazie al suo innegabile
successo, Annozero si autofinanzia
con gli introiti pubblicitari e contri-
buisce a rendere meno povere le cas-
se della Rai. In un paese normale il
direttore generale e i suoi collabo-
ratori festeggerebbero l’evento. In
viale Mazzini, dove cos’è normale lo
decide Berlusconi, Santoro viene
pubblicamente sbeffeggiato dal nuo-
vo capo di Rai2, che così si guadagna
i galloni sul campo. Secondo il co-
dice civile, l’amministratore deve ge-
stire la società con la cura del buon
padre di famiglia. Alla Rai hanno evi-
dentemente confuso il buon padre
con Papi. Per quanto tempo questo
scempio di pubblico denaro andrà
avanti prima che qualche magistra-
tura, contabile e non, intervenga?
E l ab o ra z i o n e
g ra f i c a
da foto Ansa
via di un’altra inchiesta
scomoda? E’ quello che è
successo martedì scorso,
per un servizio che faceva luce
su una strage di immigrati rima-
sta nascosta fino ad oggi.
I fatti sono questi: è il 28 giu-
gno 2008, un barcone si avvi-
cina a una nave della Guardia
costiera per chiedere aiuto.
pag. 7 z
C AT T I V E R I E
Fabrizio del Noce: “C’ero
anch’io a quella serata a
Villa Certosa, insieme a
Rossella e Signorini. Ma
siamo andati via presto”.
Né utilizzatori, né finali.
Solo sgattaiolatori precoci.
L’INCHIESTA x Il caso di cui nessuno parla
E LETTA CHIESE
antiberlusconiano antiitaliano definiva il
premier “un uomo che non ama la democrazia,
sospettoso e violento” (8-9-2009), uno che “dà
dell’Italia un’immagine umiliante all’estero”
(18-9-2009), oltre a frequentare squillo nella
misura di “30 per 18 serate” (11-9-2009). Ora
però è venuto il momento di svelare il nome del
pericoloso antiberlusconiano antiitaliano di cui
sopra: Massimo D’Alema. Lo stesso che adesso
denuncia “l’antiberlusconismo che sconfina in una
sorta di sentimento di antiitalianità”. Questa, in
letteratura psichiatrica, si chiama dissociazione, ma
talora sconfina nella schizofrenia e, se non viene
adeguatamente curata, nello scolapasta in testa.
Ecco, non vorremmo che, a furia di preoccuparsi
per la salute mentale di Berlusconi, si sentisse poco
bene anche D’Alema.
Ps1. L’altra sera, dopo aver massacrato George W.
Bush per otto anni, David Letterman ha
sbeffeggiato il presidente in
carica Barack Obama. Un
caso di antibushismo e
antiobamismo che sconfina in
una sorta di sentimento
a n t i a m e r i c a n o.
Ps2. L’esternazione di
D’Alema
sull’antiberlusconismo che
sconfina in una sorta di
sentimento antiitaliano è
avvenuta alla presentazione di
un pregnante best-seller: “A
destra tutta. Dove si è persa
la sinistra?”. Ultimamente era
segnalata in quel di Bari, fra le
barche, le ville e i pied à terre
di Giampi Tarantini. Per le
ricerche, già allertata la
Protezione civile.
MENO TASSE PER CL
Il sottosegretario è stato intercettato mentre prometteva ai
ciellini della Cascina di intervenire sul capo dell’Agenzia delle
entrate. E lo sconto fiscale è arrivato. Per legge. Gomez e Lillo pag. 2 - 3 z
n Fisco
A.A.A.
Svendesi
Stato
di Bruno Tinti pag. 16 z
n Istituzioni
Costituzione
Vedi
all’articolo 1
di Lorenza Carlassare pag. 16 z
n Segreti
Il ritorno
in pista
di Tavaroli
di Francesco Bonazzi pag. 5 z
n Milano
L’Expo
di Ligresti
e di Letizia
di Gianni Barbacetto pag. 16 z
pag. 2 - 3 z
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pagina 2
S antoro, certo, ma non solo. Ecco
Giovedì 24 settembre 2009
DISSERVIZIO PUBBLICO
Con Minzolini al Tg1
quindi la lunga lista di indesiderati
in rai: dal salotto “bolscevico”di
Serena Dandini, “Parla con me” al
programma di Enrico Bertolino; da “Blob”
di Enrico Ghezzi a Milana Gabbanelli con
Report. Per tutti loro questioni
burocratiche e impedimenti improbabili. E
ancora in forse il direttore di rai3, Ruffini, e
il direttore del Tg3 Di Bella. Tutti scomodi,
da mesi. Ieri poi, ecco arrivare l’allarme
dell’Usigrai, il sindacato di riferimento di
Saxa Rubra, rispetto al tg1: “Ecco
aggiornato il bollettino dell’avanzata del
generale direttore della Rai, Mauro Masi
contro il pluralismo e la libera logica
aziendal-industriale: al Tg1 diretto da
Minzolini si starebbe per assumere
dall’esterno in qualità di vicecaporedattore,
con scavalcamento di tutti i precari, un
collega di Libero. Altri direttori di lungo
corso starebbero per essere sostituiti senza
una doverosa, ineludibile ipotesi di
ricollocazione”.
un uomo di Libero
Protesta dei giornalisti
SCHIAFFO A MASI
L’Autorità per le comunicazioni: nessun incontro su Annozero
Nella puntata di questa sera ci sarà (comunque) Travaglio in studio
che noi non abbiamo
competenza nelle fasi
della scelte editoriali
che appartengono ai vertici
Rai”, spiega Michele Lauria
dell’Agcom. Le pietre sì Mau-
ro Masi, dg della tv di Stato, a
quanto pare no. Eppure ci ha
provato in tutti i modi: era la
sua chance per bloccare in
extremis la partecipazione
di Marco Travaglio alla pun-
tata di Annozero, a partire da
questa sera. Da ieri, però, an-
che lui dovrebbe aver capito
il vero ruolo dell’Autorità
per le garanzie nelle Comu-
nicazioni: valutare eventuali
violazioni degli obblighi di
servizio pubblico, soprattut-
to la completezza e l'impa-
rizialità dell’informazione.
Quindi un “esame” solo su
ciò che è stato, non su quello
che sarà. “È un bene - aggiun-
ge Loria - che l’incontro ri-
chiesto dalla Rai non avven-
ga, anche perché sarebbe
stato a rischio di strumenta-
l i z z a z i o n i .” Tradotto: il pri-
mo schiaffone ricevuto da
Masi da quando è in Rai; uno
schiaffone che l’ha costretto
a uscire allo scoperto e rilan-
ciare: “Occorre una riflessio-
ne sul servizio pubblico che
dev’essere plurale. Nella mia
carriera che mi ha portato a
girare molti paesi del mondo
non ho mai visto programmi
anti-politici”. Programmi
“apoditticamente contro la
maggioranza e contro
l’a z i e n d a . . .”, continua Masi.
Ovvio riferimento all’edito-
riale di Marco Travaglio: “Il
suo contratto? Sarà firmato
dopo la valutazione di una
serie di concause. Compresa
la valutazione dell’A g c o m .”
Ancora...
Ancora dubbi sulla presenza
del giornalista in trasmissio-
ne. Secondo Santoro, e lo
stesso Travaglio, la questio-
ne non esiste, l’interrogativo
è solo legato al “ruolo”: co-
me parte del team o sempli-
ce ospite. “La verità? Masi è
in serie difficoltà - spiegano
tra i corridoi di Saxa Rubra - :
non sta riuscendo a bloccare
tutto quello che doveva e
senza troppe discussioni.
Annozero gli sta costando
caro, proprio a lui che si con-
sidera il maggiore esperto di
diritto in Italia, l’uomo dietro
le quinte; il top della buro-
crazia tanto che si fa appel-
lare ‘il professore’”.
Un professore fedele, prepa-
rato, affidabile e vanitoso.
Ma, soprattutto, fedele. Con
chi gli dà l'incarico. L’uomo
che, attraverso i cavilli è riu-
scito a bloccare una serie di
trasmissioni giudicate sco-
mode. Insomma, diktat ma-
scherati da aziendalismo.
Uno stile perfetto per chi ha
costruito una carriera sul dif-
ficile equilibrio romano, fat-
to di serate salottiere, partite
allo stadio sponda biancoce-
leste, aperitivi trasversali e
molte confidenze. Lui parla
poco di sè, per partecipare
alle conversazioni preferisce
ricorrere ad aneddoti simpa-
tici, storielle leggere. Niente
di eccessivo, la sobrietà fatta
persona, per la serie “non si
sa mai chi ho davanti”. Però
ascolta molto e registra nella
sua prodigiosa memoria,
senza mai riportare niente.
Fedele appunto, come l'ar-
ma che l'ha forgiato: i Cara-
binieri del battaglione Tusca-
nia, con ventuno stellette al-
l'attivo e una passione smo-
data per il lancio con il pa-
racadute. Fa molto uomo.
Così come il suoi legame con
centro-sinistra. Chiedere al
team Prodi che, nel 2004, do-
po il governo Berlusconi,
l'ha confermato capo di Ga-
binetto del vice presidente
del Consiglio dei Ministri:
ruolo fondamentale, rico-
perto solo da chi è un vero
esperto della macchina sta-
tale. Ma non c’è solo Prodi,
tra gli amici. C’è pure Mas-
simo D'Alema: è lui a dargli
fiducia nel 1999, all'epoca
del lider Massimo presidente
del Consiglio, grazie alle cre-
denziali offerte da Lamberto
Dini.
Dini "responsabile" di aver
creduto in Masi sin dall'epo-
ca di Banca D'Italia: è l'ex
fondatore di Rinnovamento
Italiano il suo primo spon-
sor; è lui ad avergli aperto le
porte di Palazzo Chigi.
Stop con il centrosinistra. Ec-
co l'altra sponda del Tevere.
Quindi entrano in scena i
due "Re" della vita Capitoli-
na: Paolo Bonaiuti e Gianni
Letta. I due sono sul taccuino
di Masi, lato “amici”. Per lui
hanno aperta una linea diret-
ta, un filo rosso che gli con-
sente di ottenere consigli, in-
dicazioni, magari anche ras-
sicurazioni. E ancora Giovan-
ni Bisignani, anche lui una
lunga carriera tra le grandi
aziende statali, una tessere
targata P2 e una condanna a
tre anni e 4 mesi nel proces-
so Enimont. Amicizia che
molti giudicano pesante, so-
prattutto dopo le recenti pa-
role di pronunciate a Gubbio
dal presidente della Camera,
Fini, dedicate a grembiuli e
compassi...
Comunque "vado dove mi si
chiede di andare", ama ripe-
tere sempre. E lo fa con il suo
immancabile sorriso, sorret-
to da un monolitico look:
abiti sobri, adatti a ogni oc-
casione, impreziositi solo da
cravatte spesso sgargianti.
Queste ultime scelte diretta-
mente dalla nuova fiamma,
piccola star protagonista in
alcune comparsate video.
Niente a che vedere con la
sua precedente compagna,
una donna in perfetto stile
"big-apple". Sì, perché la ex
signora Masi è un cigno sta-
tunitense, ancora residente a
New York insieme ai due figli
avuti dalla stessa unione. E
molto ben inserita nell’am-
biente. Un legame che lo co-
stringeva a continui viaggi.
Adesso non più: “Gira solo
per i corridoi della Rai: ri-
spetto a prima, però, sono
diminuite le pacche sulle
spalle e le battute. Teme
qualche contraccolpo o di
infilarsi in situazioni non
troppo amichevoli. Del resto
il clima da noi è notevolmen-
te peggiorato: nessuno sa
più di chi fidarsi e nessuno
riesce a prevedere le mosse
del buon Masi”. Nemmeno i
consiglieri del Cda della Rai
che, da quando è stato no-
minato ad aprile, l’hanno vi-
sto molto raramente seduto
sulla sua poltrona in consi-
glio. E quello poche volte
che è venuto non ha dissi-
mulato la noia attraverso sba-
digli e telefonate ripetute.
Eppure il suo stipendio non
è male: il ministro Tremonti,
dal quale è stato nominato
direttamente, l’ha ridotto
del 5%, così come quello di
tutti gli altri top manager sta-
tali, ma si aggira comunque
intorno ai 630mila euro an-
nui.
Di certo, in tutto questo c’è
un aspetto chiaro: l’ultimo
atto del balletto messo in pie-
di da Masi. Dove siederà Tra-
vaglio: in patea o suigradoni
tra il pubblico?
la Folgore, ben tatuata su un
bicipite tonico, allenato da
estenuanti sedute in palestra
e da giovanili pomeriggi sul
ring. Ama sfoggiarlo, il “mar-
ch i o ”: basta mostrare qual-
che dubbio sulla veridicità
ed ecco la camicia arrotolata
abbinata a un sorriso fiero.
“Forse è per questo che non
si vede mai in azienda – ghi-
gnano nei corridoi della tv di
Stato – sarà concentrato sui
bilancieri...”. Malignità pura,
derubricano altri dipenden-
ti: Masi non c'è “perché è im-
pegnato a tenere in piedi il
suo sistema”. Vuol dire ag-
giornare i rapporti con tutti,
trasversalmente: lui sì uomo
di destra, ma pur sempre ap-
prezzato da buona parte del
PRESIDENTE DI GARANZIA? di Po p p e r
Se Garimberti
sta “a vedere”
Libertà di stampa e censura non sono parenti
L’ appello del direttore di Rai4 dopo l’attacco di Repubblica alla sua ultima “creatura”
C on prudenza e saggezza da far in-
di Carlo Freccero
conservatrice. Ci interroghiamo per-
chè i giovani votino a destra e votino
Berlusconi. Oggi solo la destra detiene
l’immaginario e lo spettacolo, perchè
finanzia e produce tutti i prodotti di cul-
to delle nuove generazioni. Non è ora di
riflettere? La cultura di oggi, l’immagi-
nario della nostra epoca, deve essere a
disposizione di tutti, non solo delle te-
levisioni a pagamento. Oggi la fiction è
serie e anime, non biografie di santi e di
eroi del passato. Lasciamo questi pro-
dotti a chi non condivide l’immaginar io
contemporaneo globale. Il servizio
pubblico deve comunicare e diffonde-
re ciò che è vivo. Non può continuare
ad impersonare solo l’archeologia della
comunicazione. Se la sua missione è
una missione culturale, bisogna am-
mettere che accanto alle reti generali-
ste che ripropongono la cultura di ieri,
esistano reti nuove che diffondano la
cultura di oggi. La televisione sta viven-
do una fase di rinascita e sperimenta-
zione, nei confronti di un cinema che
stenta a trovare nuove identità. Oggi le
serie si traducono in film e non vicever-
sa. Oggi la fiction americana ricostrui-
sce intrecci narrativi complessi, men-
tre il cinema, per attirare il grosso pub-
blico, ha spesso sceneggiature elemen-
tari. Siamo in molti a condividere il cul-
to per le serie televisive, per l’animazio-
ne giapponese, per i videogiochi, per
gli scambi di informazione e di contatti
in rete, per la convergenza tra mezzi di-
gitali diversi, per un ruolo attivo dello
spettatore. Difendiamo la nostra iden-
tità, combattiamo l’immaginal divide
Se vuoi continuare a vedere le tue serie
di culto, l’animazione giapponese e a
partecipare coi tuoi suggerimenti
all’identità di Rai 4, sottoscrivi questa
lettera e inoltrala al sito di “La Repub-
blica” o scrivi a “La Repubblica” facen-
do riferimento a questo appello, ag-
giungendo le tue osservazioni e i tuoi
suggerimenti.
vidia al Conte Zio (il padre provin-
ciale manzoniano sarebbe Masi…), il pre-
sidente della Rai dice: ”Stiamo a vedere”, per
il caso “Annozero”, una specie di “troncare,
sopire” aggiornato. E’ comprensibile, e for-
se addirittura condivisibile. Ma a una con-
dizione: Paolo Garimberti,”presidente di
garanzia”, ratifichi che tutto ciò è “a garan-
zia del Presidente”, del suo posto, del suo
ruolo, della sua poltrona. Come Lucia
Annunziata, come Claudio Petruccioli
(ma l’Annunziata ha avuto il buon gusto
di durare meno…). Garantiscono la pax
berlusconiana e le loro prebende. Nulla
di male, se non il precipizio dell’infor-
mazione della principale Azienda cultu-
rale italiana. Un tempo.
19/09/2009 Giovanni Valentini nel-
la sua rubrica “Il Sabato del Villaggio”
invoca interventi censori nei confronti
di Rai 4. Poche pagine più in là prose-
gue la raccolta di firme in calce all’ap-
pello dei giuristi per la libertà di stam-
pa. Sono stato tra i primi ad aderire e
firmare l’appello. Ma mi chiedo:
“E’coerente invocare la libertà di stam-
pa ed insieme la censura?”. E’ una cen-
sura che chiede di espellere dal servizio
pubblico i nuovi telefilm e per esten-
sione anime e fiction non tradizionali.
Vuole “normalizzare” la rete imponen-
dole lo stile e la programmazione delle
reti generaliste. Possibile che ogni volta
che c’è un tentativo di rinnovamento, i
benpensanti decidano (fortunatamen-
te sino ad oggi senza successo) di stron-
carlo sul nascere? Spiace vedere che sia
sempre la parte “progressista” la più
di Alessandro Ferrucci
L o sanno anche le pietre
A pagina 36 di Repubblica del
156617956.009.png 156617956.010.png 156617956.011.png
Giovedì 24 settembre 2009
A nnozero , che in questi giorni è stato
pagina 3
DISSERVIZIO PUBBLICO
Quanti milioni di euro
bersaglio degli attacchi di Berlusconi,
ha un ascolto medio del 17.70 per
cento mentre la media delle prime serate di Rai2
è 10,7. Su base annua, un punto di share in più
vale diversi milioni di euro, perché più persone
guardano una trasmissione, più redditizi
diventano gli spot che ospita. Su base annua un
punto di share vale 27.5 milioni di euro per Rai1,
23.7 milioni per Rai2, 16 milioni per Rai3.
Secondo alcune stime, lo scarso risultato di
ascolti di Berlusconi a Porta a Porta una
settimana fa (13 per cento contro una media di
rete del 22.7) è costato alla Rai tra i 500mila e
un milione di euro. Il programma di Antonella
Clerici, che per causa di quello speciale del talk
show di Bruno Vespa, è slittato ha avuto ascolti
altrettanto deludenti: 15 per cento. Un flop che
potrebbe avere serie conseguenze aziendali,
visto che la Clerici è la favorita per la
conduzione del Festival di San Remo. Ma non si
può affidare l’evento di punta della stagione a chi
è reduce da un fallimento. Pena un danno
d’immagine di proporzioni difficili da calcolare.
vale un punto di share
per i bilanci Rai
Un piano (quasi)
Il contratto dei
collaboratori di Che
tempo che fa, la
trasmissione di Fabio
Fazio, non verranno
discussi neppure dal cda
Rai di oggi. La partenza
della trasmissione,
prevista per il 3 ottobre,
a questo punto è in
d u bb i o.
I rinvii dipendono
anche dalle incertezze
sul futuro del direttore
di Rai3, Paolo Ruffini.
Se venisse sostituito, il
successore avrebbe
facoltà di chiudere la
trasmissione. Nella foto
Fazio e Roberto
Saviano (A NSA )
contro la Rai
LA GUERRA A REPORT ,SANTORO, FAZIO
Repor t e Che tempo che fa,
oltre allo slittamento di
Ballarò (cioè tutti i pro-
grammi indicati da Silvio Berlu-
sconi come problematici) si
possono raccontare come una
vicenda di libertà d’infor mazio-
ne. Ma anche come parte di una
strategia industriale che si de-
linea sempre più chiara: azzop-
pare la Rai, a tutto vantaggio di
Mediaset.
Annozero e Che tempo che fa , il
programma di Fabo Fazio, fun-
zionano: la Sipra, il concessio-
nario di pubblicità della Rai, ha
chiesto lo scorso anno a Fazio
di introdurre uno spazio per gli
spot prima del monologo di Lu-
ciana Littizzetto e un terzo
break per l’edizione di Annozero
2009 - 2010. Quelli di Annozero
sono spot pregiati, nel primo
intervallo - il più richiesto - tren-
ta secondi costano 66mila eu-
ro. Eppure in entrambi i casi ci
sono contratti non rinnovati:
quello di Marco Travaglio da un
lato e quelli di Luciana Littizzet-
to e del trio Aldo, Giovanni e
Giacomo dall’altro. Domani il
consiglio di amministrazione
non discuterà i contratti di Che
tempo che fa e, quindi, la tra-
smissione non potrà partire il
tre ottobre.
E questo succede in un mo-
mento in cui la pubblicità è
sempre più rara, soprattutto
per la Rai. Spiega Francesco Si-
liato, analista dei media del po-
litecnico di Milano: «Tra gen-
naio e luglio la Rai ha perso il
21,5 per cento di valore pubbli-
citario rispetto al 2008, Media-
set l’11 per cento. Rispettiva-
mente significa che si sono fer-
mate a 690 milioni e 1,6 miliar-
di”.
Il caso Annozero riguarda, oltre
al direttore generale della Rai
Mauro Masi, il direttore di rete
(Rai2) Massimo Liofredi. La sua
strategia dimostra come le va-
riabili politiche possano tra-
dursi in un indirizzo industriale
che modifica in profondità il
modo di gestire una parte
dell’azienda. Liofredi ha
un’idea: “baudizzare” Rai2, nel
senso di completare il proces-
so iniziato dopo l’era di Carlo
Freccero, considera uno show
di Pippo Baudo il programma
ideale per la prima serata della
rete. E vorrebbe dare un tono
pedagogico ai programmi (il
cui appeal è tutto da dimostra-
re) per rivolgersi a quel pubbli-
co giovanile per il quale com-
petono da una decina d’anni
Rai2 e Italia1. Un segmento di
spettatori decisivo per quanto
riguarda il lato commerciale
della televisione pubblica (che
deve anche attrarre inserizioni-
sti oltre a giustificare il canone
offrendo programmi prodotti
fuori dalle logiche di mercato).
Il progressivo invecchiamento
del pubblico della rete ha alme-
no due effetti: “Nel migliore dei
casi regala ascolti a Italia1, che
diventa così l’unica piattafor-
ma per le aziende che vogliono
rivolgersi al pubblico più giova-
ne; nel peggiore sottrae anche
ascolti a Rai1, che ha un pub-
blico più anziano, a tutto bene-
ficio di Canale5 che ne è il di-
retto concorrente”, dice una
fonte interna alla Rai. E tutti i
programmi sgraditi da Berlu-
sconi e indeboliti dalle scelte
aziendali di questi giorni sono
d’informazione, cioè l’unico ti-
po di trasmissione in cui la Rai
vince la competizione con Me-
diaset (che non si spinge mai a
mettere l’approfondimento in
prima serata, confinandolo nel-
la seconda dove è più facile ot-
tenere uno share maggiore).
E’ difficile stimare quanto co-
steranno all’azienda queste
tensioni, ma la cura Berlusconi
per la Rai sta già dando risultati
concreti e misurabili. Durante
dell’estate il direttore generale
Masi non ha rinnovato gli ac-
cordi con Sky per la trasmissio-
ne dei programmi sulla piatta-
forma satellitare. Rompere il le-
game è costato alla Rai 50 mi-
lioni di euro di mancati ricavi
(quanto aveva offerto Sky) che
si aggiungono a 8 milioni all’an -
no di pubblicità che non arrive-
ranno più, quelli che derivava-
no dagli spot sui canali tematici
come RaiSat Extra. Nel medio
periodo Rai, Mediaset e La7 do-
vrebbero lanciare la piattafor-
ma satellitare alternativa a Sky
che si chiama TivùSat (i cui be-
nefici per la televisione pubbli-
ca non sono chiarissimi, men-
tre Mediaset si separerebbe da
quello che è un concorrente
sempre più pericoloso). Ma in
questo periodo di transizione i
danni sono tutti per la Rai che
ha iniziato a criptare (cioè a
rendere invisibili) alcuni pro-
grammi che vengono quindi
preclusi agli abbonati di Sky
che guardano la Rai via satelli-
te. La Rai registra 70 criptaggi a
settimana, contro i 4-5 di Me-
diaset. La motivazione formale
è che quando la Rai non detiene
i diritti esteri di un programma
lo oscura sul satellite, per evi-
tare che spettatori non italiani
lo vedano. Ma questo - spiega
una fonte aziendale - è super-
fluo, visto che Sky ha già un suo
sistema autonomo per criptare
le trasmissioni oltrefrontiera. Il
risultato è che Rai2 è una delle
reti più colpite, visto che alcuni
dei suoi programmi di maggio-
re ascolto e molte delle sue pri-
me serate sono serial american-
ti tipo LOST che quindi vengo-
no oscurati. Sul satellite la Rai
ha criptato anche la partita In-
ter-Barcellona, trasmessa in
chiaro sull’analogico e sul digi-
tale terrestre. Sky la offriva in
un pacchetto a pagamento, ma
ha reagito offrendola in chiaro
gratis. Chi fugge dallo schermo
nero di un programma criptato
della Rai, se interessato alla tv
generalista, si ferma su Media-
set e i sui spot. La logica dietro
queste scelte sembra di unifor-
mare l’offerta di Mediaset e Rai,
generalisti, in contrapposizio-
ne ai canali tematici di Sky,
spingendo per una competizio-
ne sulle offerte a pagamento
(per la Rai il canone, per Media-
set le tariffe a consumo del pac-
chetto Premium). Lo ha espli-
citato il ministro delle Comuni-
cazioni Paolo Romani in una
lettera al “Corriere della Sera”
l’undici agosto: “La Pay tv è un
mercato in pieno sviluppo e
dove anche la Rai potrà e dovrà
essere presente”.
Queste modifiche profonde
del modello imprenditoriale
della Rai sono possibili anche
per l’organizzazione delle ge-
rarchie interne. “Ogni contrat-
to di produzione - spiega un di-
rigente - deve avere tre firme
decisive, una del vicedirettore
Risorse Lorenza Lei, quella del
vicedirettore generale Antonio
Marano responsabile della pro-
grammazione e del palinsesto,
infine del direttore generale
Mauro Masi”. Se il contratto è
particolarmente oneroso, deve
essere approvato anche dal
consiglio di amministrazione
(come quelli che coinvolgono
fornitori di format tipo Ende-
mol ed è il caso di Che tempo che
fa ). Nella Rai ristrutturata da
Flavio Cattaneo durante il pre-
cedente governo Berlusconi,
quindi, non è necessario ricor-
rere a editti bulgari (come quel-
lo che bloccò Santoro, Enzo
Biagi e Daniele Luttazzi) per
fermare un programma. Basta
avere una manciata di uomini
giusti nei posti giusti. E Berlu-
sconi ce li ha.
vita, opere e ragazze in tv
Liofredi “Belli capelli”
di Wanda Marra
motivata ma è alta un metro e 68...è piccola per...Allora io ho
chiamato il mio amico e...la mettono già dentro e la fanno pas-
sare per la selezione di Miss Italia. Il problema è che alle finali
non ci può arrivare...de faglie prende una fascia non c’è nessun
problema tranquillo. Poi magari quando inizierà la trasmissione
te la faccio intervistare e te la metto dentro in uno spot”. Nell’al-
tra telefonata, il 25 luglio il dirigente Rai spiega a Nicoletti a che
punto sono le trattative per far par-
tecipare un’altra amica al Grande Fra-
tello : “Senti, ho parlato con il mio
amico...mi ha detto che la prossima
settimana guarderanno i provini e
mi farà sapere se è dentro o fuori.
..mi ha detto quello che ti dicevo,
che non può fare forzature perché lì
c’è una selezione”. Alle insistenze
dell’altro replica così: “Vediamo un
po’, allora ce la prendiamo subi-
to...la prendiamo nello staff no-
stro...se va nel Grande Fratello comin-
ciamo a guadagnà qualche soldo”.
Raccontò imbarazzato ma senza
troppi tormenti al Corriere della se-
ra l’11 ottobre 2003 Liofredi: “Dissi
a Tony che avrei provato a far par-
tecipare la sua amica alle selezioni
regionali di Miss Italia, perché cono-
sco gli organizzatori. Ma gli spiegai
che avrebbero deciso loro. E infatti
la cosa si fermò lì. L’altra richiesta
non la presi nemmeno in conside-
razione, non posso intervenire a Me-
diaset. E’ vero che promisi di inse-
rire la ragazza da noi, ma fu un modo
elegante per far cadere la cosa”. Ve-
ro e proprio “capostruttura dell’in-
trattenimento” non a caso alla dire-
zione della Rete Liofredi c’è arrivato
in quota fedelissimo di Berlusconi.
dell’originale, posta sopra un piedistallo, incombe su chiun-
que entri nello studio di Massimo Liofredi, direttore di Rai2 dal
23 luglio. Balzato agli onori della cronaca per essere colui che
“ospita” suo malgrado Santoro, noto ai più soprattutto per la suo
chioma fluente (lo chiamano “Belli capelli”), arriva in Rai nel
1998 e diventa capostruttura di Rai1 nel 2003, quando il dg era
Saccà. Nel suo curriculum ci sono programmi come lo Zecchino
d’oro e la Partita del cuore . Ma soprattutto Domenica in . È lui il ca-
postruttura quando il 12 aprile Domenica in dedica una puntata
celebrativa al “Presidente insonne” che indefessamente soccor-
re i terremotati in Abruzzo. Ed è lo stesso Liofredi, come un
direttore d’orchestra, a guidare gli applausi in trasmissione,
pronti a scattare a ogni elogio di Berlusconi e a tacere a ogni
critica. Visti i precedenti, appare più che lecito il sospetto che
fosse ancora lui lo scorso 24 aprile a telecomandare la Bian-
chetti sempre a Domenica in . Quando Silvan espresse il desiderio
di regalare una bacchetta magica a Berlusconi per aiutarlo a
realizzare tutte le sue promesse e la conduttrice si produsse in
immediate dissociazioni con elogi sperticati. Tra le chicche del-
la biografia di Liofredi si registra persino una laurea honoris
causa ricevuta dall'università Sancti Cyrilli di Malta. Un uomo
senza qualità particolari, si direbbe. Di quelli senza infamia e
senza lode. Fino a un certo punto, però. Liofredi, come denun-
ciò il Corriere della sera , fu intercettato infatti nel luglio 2001
nell’ambito dell’inchiesta su mafia, usura e riciclaggio mentre
parlava con “To ny ”. Ovvero il primogenito di Enrico Nicoletti,
che viene indicato negli atti processuali come il tesoriere della
Banda della Magliana, quello che riciclava i soldi e li rinvestiva,
nonché come corruttore di magistrati e funzionari. Una specie
di usuraio degli usurai. A suo carico varie condanne e varie pro-
cessi in corso, intratteneva rapporti anche con la ‘ndrangheta e
la mafia. “To ny ”, anche lui condannato due volte in primo grado
per associazione a, delinquere e reato gravi, si rivolse a Liofredi
per raccomandare una ragazza al concorso di Miss Italia. Così
diceva il direttore di Rai 2 il 9 luglio del 2001 a Nicoletti: “To-
ny...senti, volevo dirti...è venuta la ragazza. È molto alta, molto
Alfredo Meocci? Luminosa e breve come una
meteora (per i media), rovinosa come una disgrazia
(per la Rai) redditizia come una bella eredità (per
lui). Insomma, Meocci, giornalista gradito a
Berlusconi, nell’indimenticabile 2005, divenne - con
una carriera da Guiness - prima commissario
dell’Authority sulle Tlc, e poi direttore generale
dell’azienda. Sembrava che non ce ne fossero, su
piazza, cervelli brillanti come il suo, passò da una
liana all’altra, come Tarzan. Peccato che la legge lo
vietasse: l’esperienza all’Authority che vigila sulla
Rai è incompatibile con la nomina in Rai. In Cda se
ne fregarono e lo nominarono. Nel dicembre 2006
l’Agcom condannò la Rai a una multa di 14 milioni di
euro e l’interessato a pagarne 373mila. Ecco perchè
ieri su Santoro tutti fanno il gioco del cerino,
nessuno vuole lasciare le impronte. Quella eredità il
povero Meocci, non ha fatto in tempo a godersela.
scientifico
di Stefano Feltri
L e pressioni su Annozero,
U na gigantografia in cartone di Pippo Baudo, ancor più alta
PRECEDENTI di Luca Telese
LA SINDROME
DI MEOCCI
M a ve la ricordate l’avventurosa storia di
156617956.012.png 156617956.013.png 156617956.014.png 156617956.015.png 156617956.016.png
pagina 4
P alazzo Chigi ha diffuso un comunicato
Giovedì 24 settembre 2009
STORIE DI POTERE
Palazzo Chigi
ieri pomeriggio per smentire la notizia
pubblicata da “Il fatto” sull’indagine per
truffa, abuso d’ufficio e turbativa che vede indagato
Gianni Letta a Lagonegro. Nel comunicato si afferma
che il Gip di Roma “ha definitivamente archiviato il
procedimento a carico del Sottosegretario Letta
giudicando del tutto inesistenti le ipotesi di reato”.
“Il fatto quotidiano” ha replicato pubblicando
l’ordinanza sul sito www.ilfattoquotidiano.it. Nel
provvedimento si legge: “si registra una radicale
divergenza di opinioni fra il pm di Potenza e il pm di
Roma. Il pm di Potenza ...ritiene concretamente
ipotizzabili alcuni reati fine (323,353,640 bis)", cioé
abuso d'ufficio, turbativa e truffa”. La Procura della
Cassazione nel suo decreto stabilisce che nessuna
delle due procure è competente e invia il fascicolo
a Lagonegro. L’unico pm legittimato a esprimersi
sui suddetti reati. Non solo, il pg della Cassazione
non ritiene affatto chiusa l’inchiesta e scrive: “la
definizione della competenza allo stato attuale non
preclude e anzi sollecita lo svolgimento di
opportune indagini”. Quindi i presunti reati di Letta
non sono stati archiviati né a Roma né altrove.
smentisce
ma le carte confermano
SONO LETTA, GIANNI LETTA
N
R EGIONALI
Ok di Franceschini
a Vendola
Q uando ci sono
E RISOLVO PROBLEMI (A CL)
Il sottosegretario (intercettato) nel 2008 soccoreva Angelo
Chiorazzo, imprenditore alle prese con l‘Agenzia delle entrate
presidenti che
hanno fatto bene il loro
lavoro non ci sono motivi
per non ricandidarli”. Lo
ha dichiarato il segretario
Pd, Dario Franceschini, a
proposito di Nichi
Vendola in Puglia.
“Naturalmente
decideranno i partiti
regionali”.
nasera”. È il 29 settem-
bre 2008, settanta-
duesimo compleanno
di Silvio Berlusconi. Dopo una
giornata faticosa, fatta di rice-
vimenti al Quirinale, d’incontr i
col manager Fiat Sergio Mar-
chionne e di vertici sulla crisi
Alitalia, il sottosegretario alla
presidenza del Consiglio, ri-
chiama al telefono Angelo
Chiorazzo, 35 anni, vicepresi-
dente del gruppo “La Cascina”,
la grande cooperativa di risto-
razione e servizi globali, brac-
cio secolare di Comunione e Li-
berazione a Roma.
Chiorazzo, ha cercato Letta nel
pomeriggio perché teme che la
sua holding (200 milioni di fat-
turato) sia ormai destinata a fal-
lire. La Cascina deve versare al
fisco 74 milioni di tasse, sanzio-
ni e interessi . E per salvare l'a-
zienda c’è solo una strada: ot-
tenere uno sconto dall’A ge n z i a
delle Entrate ,più una dilazione
dei pagamenti. Serve, dunque,
una spinta. E Chiorazzo la chie-
de a Letta senza sapere che la
vicenda finirà al centro di un se-
condo filone delle indagini del-
la Squadra mobile di Potenza e
del Nucleo Operativo Ecologi-
co dei Carabinieri che hanno
già spinto la magistratura a met-
tere sotto inchiesta Letta per il
business degli immigrati.
Al telefono Chiorazzo ha la vo-
ce concitata: “Dottor Letta, die-
ci giorni fa stavamo proprio
per chiudere la vicenda con Be-
fera e poi all'improvviso un fun-
zionario ha detto: no, l'Iva non
si può transare, contro ogni pa-
rere che c'era stato dall'Agen-
zia.... a tutti i livelli e quindi ci
siamo impantanati. Negli ulti-
mi giorni non sono riuscito mai
a parlare con Befera. Perché
prima è stato male, poi è stato
impegnato in riunioni”. Letta
lo interrompe: “Ci provo io”.
Gli investigatori cominciano a
capire. Riascoltano le intercet-
tazioni e si rendono conto che
il giovane manager ciellino da
mesi pensava di aver raggiunto
l’obiettivo. A luglio, su presen-
tazione di Letta, aveva incon-
trato Attilio Befera, il capo
dell’Agenzia, e aveva ottenuto
il via libera per una transazione
in base alla quale “La Cascina”
avrebbe pagato venti milioni di
euro in meno del dovuto e
avrebbe versato i restanti 54
milioni in comode rate in 18 an-
ni.
Ma adesso c’è un problema. Un
funzionario delle Entrare, Sal-
vatore Cortese, si è messo di
traverso. Secondo lui quella
transazione è vietata: lo Stato
italiano non può fare nè sconti
nè dilazioni sulle imposte co-
munitarie come l’Iva. E qui l’I va
non pagata dalla Cascina e di
po’scocciato per le insistenze,
dice: “Ce l’ho in carico io”
Ma ad ammettere, pur tra qual-
che imbarazzo, gli interventi di
Letta in favore de La Cascina è
anche il capo dell’Agenzia del-
le Entrate, Attilio Befera. Il pri-
mo dicembre del 2008, Befera,
risponde così a chi gli chiede se
abbia ricevuto “pressioni poli-
t i ch e ” in favore della coopera-
tiva: “No, ho avuto segnalazio-
ni in termine di occupazione,
non pressioni. Ho avuto segna-
lazioni da persone politiche a
esaminare questo problema te-
nendo conto che c’era stato un
problema occupazionale. Una,
me la ricordo perfettamente ,
era del ministro Mastella...”. Gli
investigatori gli chiedono: “E
ultimamente?”.Befera è cauto:
“Mi ricordo di aver avuto se-
gnalazioni... non mi ricordo be-
ne da chi, ma credo di più per-
sone, credo che venissero dalla
presidenza de Il Consiglio”.
“Quindi dalla presidenza del
Consiglio?. Befera:“Si, sì, ma lo
ripeto sempre come pura se-
gnalazione”.”Era il dottor Letta,
per caso?” Befera : “Po t re bb e
essere non ho particolari ricor-
d i . . .”. ”Non credo che lei riceva
tutti i giorni telefonate dalla
presidenza del Consiglio, o le
riceve?” Befera: “No, parlo ab-
bastanza spesso con il dottor
Letta. Potrebbe essere lui, o an-
che qualcuno del suo ufficio.
Comunque presumo di sì, la zo-
na è quella”.
Fatto sta che il 18 novembre tra
la Cascina e l’agenzia si arriva al
redde rationem: si prepara una
bozza di accordo che prevede
uno sconto di 19 milioni di eu-
ro e una rateizzazione in 18 an-
ni solo per le imposte dirette,
mentre per l’Iva la Cascina do-
vrà accontentarsi di una dila-
zione in sei anni. Vuol dire che
dovrà pagare cinque milioni di
euro all’anno. Quando il 21 no-
vembre gli investigatori per-
quisiscono la Cascina un mana-
ger viene sorpreso mentre cer-
ca di nascondere la transazione
nei pantaloni.
Ma nonostante le indagini tra
agenzia delle entrate e la coo-
perativa si arriva comunque a
un accordo (oggi in attesa di es-
sere ratificato dal tribunale di
Roma). La Cascina ottiene esat-
tamente quello che voleva. La
rateizzazione di tutte le impo-
ste, anche dell’Iva, in 18 anni.
La rata annuale, spiega Chioraz-
zo a Il Fatto, per i primi 4 anni
sarà solo di 2,5 milioni di euro.
E nei 15 anni successivi salirà a
4,4. Come è stato possibile? Il
29 novembre un decreto del
governo concede ai contri-
buenti di dilazionare anche
l’Iva. Quando interrogano uno
dei manager della Cascina gli
investigatori non possono fare
a meno di esclamare: “Questa
norma sembra fatta apposta
per voi”.
vogliono
scomparire, e
ritornano nel
congresso dei Ds all’
insegna di uno slogan
fallaciano: "la rabbia e
il coraggio".
All’indomani della
polemica sulla Ru 486,
i laici cattolici si
interrogano sulla
democrazia in Italia.
Una due giorni, tra
Camera e Senato, in cui
scendono in campo
tutti i big di area
teodem e dintorni che
si raccolgono introno
all’ex sindaco di Roma
e, nei giorni della
polemica su Dorina
Bianchi, si strinngono
intorno a
Franceschini.
N OMINE ALLO I OR
Gotti Tedeschi
presidente
E ttore Gotti
Una vignetta di Natangelo su Gianni Letta, sottosegretario vicino al Vaticano
ben 28 milioni.
In un rapporto del 18 febbraio
2009 gli investigatori ricostrui-
scono così l’intera vicenda de-
finendola “meritevole certa-
mente di un ulteriore appro-
fondimento investigativo». Un
approfondimento che però
nessun pm, tra i tanti che han-
no avuto in mano quell’infor-
mativa, ha mai fatto. Nè i poli-
ziotti della mobile di Potenza,
nè i carabinieri coordinati dal
tenente colonnello Sergio De
Caprio (il celebre capitano Ul-
timo che arrestò Riina) sono
mai stati incaricati di indagare
sulle “"sollecitazioni" che Letta
avrebbe esercitato, su ripetuta
richiesta del Chiorazzo, nei
confronti di Befera” per arriva-
re a “un accordo transazione fi-
scale particolarmente vantag-
gioso”.
Eppure la storia dei debiti della
Cascina con il fisco ha qualcosa
di straordinario. Tutto comin-
cia nel 2003 quando la magi-
stratura di Bari mette sotto in-
chiesta la cooperativa e arresta
alcuni suoi esponenti di spic-
co.Racconta a “Il fatto quoti-
diano” Chiorazzo: “Ci cancella-
rono un mega appalto per le
mense delle caserme, nessuno
voleva più farci lavorare. I pa-
gamenti ritardavano e siamo
entrati in crisi”. Morale: la Ca-
scina decide di finanziarsi alle
spalle del contribuente. Di-
chiara l’Iva e le ritenute d’ac-
conto, ma poi non versa un eu-
ro al fisco.
Per anni nessuno dice niente. E
soprattutto nessuno, nono-
stante un debito già esigibile
(cartelle esattoriali iscritte al
ruolo) di 50 milioni di euro,
pensa di rivalersi sulle centi-
naia di milioni di euro incassati
in questi anni per i servizi resi
dalla Cascina a decine di enti
p u bbl i c i .
Prima o poi, però, bisogna pa-
gare. Così quando la Lazio di
Claudio Lotito, nonostante l’in -
dignazione generale, ottiene
uno sconto di 20 milioni di eu-
ro sui 160 dovuti al fisco (e una
rateizzazione in 23 anni), Chio-
razzo prova a battere la stessa
strada. Prima presenta una ri-
chiesta agli uffici competenti
come un contribuente qualun-
que. Ma gli rispondono picche.
Poi si rivolge agli amici.
pirsi se-come ricorde-
ranno agli investigatori
alcuni funzionari del fi-
sco - poco prima di Natale Ma-
stella convoca al ministero gli
sbigottiti Massimo Romano e
William Rossi (all’epoca rispet-
tivamente direttore centrale
dell’agenzia delle entrate e di-
rettore centrale dell’accerta-
mento) e gli fa trovare nel suo
ufficio tre manager della Casci-
na. La cooperativa infatti aveva
già chiesto a Equitalia e
all’Agenzia di poter contrattare
e rateizzare, così come preve-
deva una nuova legge in caso di
aziende a rischio fallimento, il
loro debito record, ma voleva
essere seguita da vicino nella
forse speranza di arrivare a una
transazione anche sui 28 milio-
ni di euro di Iva non versata. .
Le riunioni tra i consulenti del-
la Cascina e il fisco proseguono
così finché non cade il governo
Prodi. A quel punto Chiorazzo
cambia cavallo e chiede una
mano a Letta. Tra lui e il sotto-
segretario vengono intercetta-
te, a partire da luglio molte te-
lefonate. Il 3 ottobre, per esem-
pio, di fronte all’ennesima ri-
chiesta di aiuto del manager ci-
lellino per arrivare a una solu-
zione del problema, Letta, un
Tedeschi é il nuovo
presidente dello Ior.
Già alla guida delle
attività italiane del
gruppo spagnolo
Santander, Gotti
Tedeschi è anche
consigliere
d’amministrazione del
Sanpaolo IMI e della
Cassa Depositi e
Prestiti. Insegna etica
della finanza
all’Università Cattolica
di Milano ed è
editorialista
dell’Osservatore
Romano.
D I P IETRO
Berlusconi
vicino alla fine
B erlusconi non lo
La cooperativa ciellina
aveva bisogno
di uno sconto su 75 milioni
di tasse non pagate
sa ma è come
quelli che vengono
colpiti da malattie
psichiche, sono
sempre gli ultimi ad
accorgersene": lo ha
affermato Antonio Di
Pietro a Genova.
di Peter Gomez
e Marco Lillo
“S ono Gianni Letta, buo-
C ONGRESSO P D
Rutelliani
in campo
I rutelliani non
Siamo nel dicembre del 2007.
Al governo c’è Romano Prodi.
In via Arenula, come ministro
della Giustizia, siede invece il
leader dell’Udeur, Clemente
Mastella, che in quel periodo
sembra fare con Chiorazzo
coppia fissa.
N on c’è insomma da stu-
156617956.017.png 156617956.018.png 156617956.019.png 156617956.020.png 156617956.021.png
Giovedì 24 settembre 2009
A gli amici Giuliano Tavaroli lo ripete
pagina 5
STORIE MILANESI
Tavaroli-Story : da
da tempo: “Alla fine ne uscirò pulito.
Per l’ex brigadiere del Ros dei
carabinieri, arrivato a guidare oltre 500 persone
da responsabile della sicurezza Telecom, la vita è
cambiata iil 20 settembre 2006. Quel giorno
viene arrestato su ordine della Procura milanese
insieme agli amici di sempre: l’ex collega Marco
Mancini, diventato nel frattempo il numero due
del Sismi di Nicolò Pollari, e l’investigatore
privato fiorentino Emanuele Cipriani. Già dalla
fine del 2005, Tavaroli era sotto inchiesta anche
per il presunto spionaggio della Telecom di
Marco Tronchetti Provera ai danni di migliaia di
persone. Il processo di Abu Omar procede con
fatica perchè tutti i governi coinvolti (da
Berlusconi a Prodi) hanno sempre opposto il
segreto di Stato, con una decisione che la
Procura ha impugnato davanti alla Corte
Costituzionale per ottenerne una sentenza
interlocutoria e che ha fatto passare altro
tempo. Il processo Telecom, invece, riprende nei
prossimi giorni e riguarda centinaia di parti lese.
Molti imputati stanno patteggiando.
brigadiere a capo della
sicurezza Telecom
NELLE MANI
L’EXPO
GIUSTE
Torna in pista Giuliano Tavaroli e punta subito in alto:
l’appalto per la sicurezza di Milano 2015
Giuliano Tavaroli, 50 anni
di sicurezza a Milano e
provincia, da qualche
giorno è tornato in pi-
sta lo “Specialista”, come
nella Iene di Tarantino. Il
suo nome è Giuliano Tava-
roli e per uno scherzo del
fato sbuca dall’oblio pro-
prio mentre a Palazzo Mari-
no non si parla altro che del-
la microspia trovata nell’uf-
ficio del city-manager Giu-
seppe Sala, anch’egli ex di-
rigente di Telecom Italia.
Nel caso servisse qualcuno
che “risolve problemi”, lui è
già bello che pronto. Con
una nuova società, un nuo-
vo biglietto da visita (“DRM,
Giuliano Tavaroli, Senior
partner”), amici vecchi e
nuovi, e un obiettivo dichia-
rato: le ricche commesse
per l’Expo del 2015.
L’ex maresciallo dei Ros che
lo scandalo dello spionaggio
Telecom ha disarcionato dal
trono di numero uno della
sicurezza privata italiana sta
curando la sua rentrèe in
grande stile. Il piano d’azio-
ne per seminare telecamere
in mezza Lombardia - nel ca-
so vincesse l’appalto Expo -
è già stato discusso in un ri-
storante di Pavia, alla fine di
agosto. E ora viaggia a pieno
regime. Intorno a quella ta-
vola erano seduti anche per-
sonaggi che lavorano alla si-
curezza del sindaco Letizia
Moratti e in quella occasio-
ne si è deciso che a muo-
versi sarà una piccola socie-
tà bresciana, la “Dual Risk
Management”, già in posses-
so delle necessarie licenze
di polizia.
“Gli amici di Portopeo ”
La lunga detenzione, i pro-
cessi Abu-Omar e spionag-
gio Telecom, il danno pro-
fessionale subito dopo che
la sua foto è stata sbattuta sui
giornali per tutto il 2007.
Tutte botte che avrebbero
tagliato le gambe a chiun-
que. Ma non a uno che da
sottufficiale dell’Arma anda-
va a caccia di brigatisti agli
ordini del generale Carlo Al-
berto Dalla Chiesa. E pro-
prio ricordando quei tempi
gloriosi, la sera del 24 agosto
scorso, l’ex capo della secu-
rity di Marco Tronchetti Pro-
vera ha messo intorno a un
tavolo del ristorante più mo-
daiolo di Pavia, “Portopeo”,
un bel gruppo di amici. Tra
questi, secondo quanto ri-
sulta al “Fatto Quotidiano”,
spiccavano l’ex capo della
sicurezza di Gucci, Carlo
Del Bo; il numero due dei
vigili urbani di Milano,Tullio
Mastrangelo; il responsabile
sicurezza di un colosso mi-
lanese della grande distribu-
zione e una delle guardie del
corpo di Letizia Moratti.
Quella sera, nel ristorante
che dal lungo Ticino guarda
il ponte coperto, s’è parlato
di tante cose. Ma il piatto
forte è stato l’Expo e il modo
di parteciparvi da protago-
nisti. Ovvero, come mettere
le mani sull’appalto forse
più ricco e delicato dei pros-
simi anni: la sicurezza e la
vigilanza sull’esposizione
del 2015. Un appuntamento
che richiede la massima
competenza di antiterrori-
smo, come ama ripetere Ta-
varoli con i suoi amici. E na-
turalmente anche una bella
torta milionaria, anche solo
dal punto di vista della for-
nitura degli “strumenti di la-
voro”, come quelle teleca-
mere che al Nord vanno tan-
to di moda perchè soddisfe-
rebbero il “bisogno di sicu-
rezza della nostra gente”,
(tormentone della Lega).
Un biglietto da visita per
ricominciare. Certo, anda-
re dalla Moratti o da Lorenzo
Stanca, presidente
dell’Expo, e dire: “Salve, so-
no Tavaroli e se avete pro-
blemi con la sicurezza io so-
no ancora il numero uno”
potrebbe essere un approc-
cio troppo diretto. Meglio
mandare avanti gli amici e
magari far girare quel nuovo
biglietto da visita che è stato
mostrato per la prima volta
quella sera sul Ticino:
“DRM, Giuliano Tavaroli, Se-
nior Partner. Dual Risk Ma-
nagement Srl, via Cozzaglio
20, Brescia”. DRM fa parte
del gruppo “Dual”, ha cen-
tomila euro di capitale socia-
le e qualche difficoltà nel pa-
gare i servizi subappaltati ad
altre compagnie di vigilan-
za. Ma con “partner” come
Tavaroli sta già riprendendo
quota.
Al fianco di “Tava” lavora
Carlo Del Bo, con la quali-
fica di “Business Partner”, e
anche questo è un nome di
peso nel mondo della sicu-
rezza privata. Del Bo è stato
fino alla scorsa estate il nu-
mero uno della sicurezza
Gucci. Ha lasciato la Maison
fiorentina proprio alla vigi-
lia dell’arresto per una storia
di presunti dossier illegali
che sembra la fotocopia del-
lo scandalo Telecom (l’in-
chiesta penale è della Pro-
cura di Firenze ed è ancora
in corso). Di Tavaroli è ami-
co da sempre e la sua “par-
tnership” in DRM stupisce
poco chi conosce il setto-
re.
Una cena
riser vata
a Pavia e
una
società
ad hoc
PROCESSO ABU OMAR
SCACCO ALLA “TIGRE” DELLA CIA
Mastrangelo è invece il per-
sonaggio forse più impreve-
dibile e oggi più in vista di
quella cena da Portopeo. Ar-
rivato lo scorso anno ai ver-
tici dei vigili milanesi come
vice-comandante vicario,
Mastrangelo ne è da qualche
mese anche il numero uno
di fatto, perché il coman-
dante Emiliano Bezzon è sot-
to inchiesta per un presunto
giro di mazzette sui controlli
nelle discoteche. Bezzon sta
per essere “promoveatur”
alla direzione generale Mo-
bilità del Comune e il nome
di Mastrangelo è quello più
accreditato per sostituirlo.
Fino a tre anni fa, era l’am-
ministratore delegato della
solita società di sicurezza
privata, la “M&P risk agen-
cy”, della quale detiene an-
cora una quota, ma che nel
frattempo ha passato nelle
mani del figlio. Prima anco-
ra, Mastrangelo era stato so-
cio del conte Alberto Uva
nella “Global Brain and Par-
tners”, la misteriosa società
alla quale nel 2002 l’allora
ministro della Giustizia Ro-
berto Castelli voleva affida-
re “la valutazione della pro-
duttività dei magistrati”. La
missione tra le toghe italiane
di “Global Brain” finì prima
di cominciare, anche per il
curriculum troppo “spioni-
stico” di alcuni dei suoi soci,
ma Mastrangelo come si ve-
de si è rialzato alla grande.
La Moratti gli ha affidato la
gestione delle 900 telecame-
re che da qualche settimana
“proteggono Milano” e a
uno specialista in resurre-
zioni come Tavaroli il parti-
colare non è certo sfuggito.
L’Expo è proprio a un pas-
so.
di Leo Sisti
primi del 2009 lascia l'agenzia. E' sfidu-
ciata, non ha un futuro davanti a sé. E'
delusa. Teme di essere arrestata appena
mette un piede fuori dal suo paese. Ha una
sola via d'uscita: citare in giudizio i datori
di lavoro. Lo fa nel maggio scorso. Un
grande coraggio. Del resto non la chia-
mano forse “The tiger”? Il 26 agosto il Di-
partimento di Giustizia comunica al suo
legale, Mark Zaid, che la richiesta è stata
accolta: potrà scegliere un professionista
di fiducia a rappresentarla. Contenta?
Macchè. Diventa una furia, aggiungendo
alle sue parole una pillola avvelenata: “Mi
turba che il mio Governo tradisca i suoi ex
diplomatici rifiutando di invocare per loro
l'immunità. Durante il mio servizio in Ita-
lia mai ho commesso azioni che non fos-
sero dietro ordine diretto del mio Gover-
no e approvato in alto. Voglio essere chia-
ra: nego qualunque coinvolgimento nel
rapimento Abu Omar. Quel giorno ero a
150 chilometri di distanza a
sciare". Ma, oltre al danno,
anche le beffe. Perché la let-
tera del Dipartimento Usa è
chiarissima nell’avvertire
che se ci dovessero essere
multe, o altri costi proces-
suali, loro non tirerebbero
fuori un dollaro.
In ogni caso non è solo “The
t i ge r ” ad aver abbandonato
la Cia. Se n’è andato anche
Jeff Castelli, capo degli spio-
ni americani a Roma, e quin-
di superiore di De Sousa. Ca-
stelli lavorerà per una socie-
tà di comunicazione di Los
Angeles, la “Phase One
Communication” (tra i suoi
clienti, Nestlé, At&T, Gene-
ral Motors, “studios” di Hol-
lywood). Con quale ruolo?
Secondo il blog Usa “CQ”,
grazie agli agganci con la
Cia, potrebbe spuntare buo-
ni contratti con il governo.
verno degli Stati Uniti assistenza le-
gale per difendere i miei interessi nel pro-
cesso Abu Omar. I massimi livelli di Ese-
cutivo e Legislativo erano ovviamente al
corrente della tremenda situazione che io
e i miei colleghi stavamo affrontando.
Aspettare tre anni quando ormai il dibat-
timento si sta avviando alla conclusione
perché finalmente gli Usa si impegnino a
pagare le mie spese legali in Italia è una
dimostrazione farsesca del concetto di
giustizia”. Sabrina De Sousa, accusata di
aver partecipato al rapimento di Abu
Omar insieme ad altri 23 agenti e ad un
ufficiale, esce allo scoperto, per la prima
volta in Europa, con “Il Fatto Quotiano” e
proprio il 23 settembre, quando il pm Ar-
mando Spataro comincia la sua requisi-
toria. La sua posizione è drammatica. Ai
queste telecamere. Il cavallo di
battaglia di ogni giunta nordista che si
rispetti è ormai la “sicurezza”. Alla
festa della Polizia di una città del
Nord-Ovest, recentemente, è capitato
addirittura di ascoltare un prefetto
definire la sicurezza “un diritto
costituzionale”. Non ci si era accorti
che il tormentone mediatico delle
ultime campagne elettorali fosse
entrato nella Costitituzione, ma tant’è.
La Milano delle 900 telecamere già
schierate per volontà del sindaco
Letizia Moratti e del suo vice Riccardo
De Corato vuole essere d’esempio per
tutti. E che c’è di meglio dell’Expo del
2015 per aumentare ancora le reti di
“sicurezza remota”? Quello del
“Grande Occhio” telematico è un
business miliardario, ma le società del
settore sono poche. Nei prossimi mesi
ci sarà una guerra commerciale come
poche e naturalmente, con la scusa
della sicurezza, molte gare saranno
secretate. La paura di un attentato
all’Expo torna comoda e l’eventuale
ritorno di un professionista come
Tavaroli sarebbe solo un piccolo effetto
collaterale .
di Francesco Bonazzi
X xxxSe avete problemi
“F in dal gennaio 2007 ho chiesto al Go-
SICUREZZA ALLA MENEGHINA
IL CORTOCIRCUITO DELLE TELECAMERE
Q ualcuno le deve pur mettere tutte
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