Compendio di grammatica latina.pdf

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Grammatica latina
‘Potenzialità di una lingua in evoluzione’
Studio storico-linguistico comparato
di filologia latina.
Ad opera e cura di
CRISTINA TARABELLA.
Tutti i diritti riservati.
http://www.biblio-net.com/collaboratori/tarabella.htm
Introduzione
Indiscrezioni sulla lingua latina e dÔintorni...
Questo mio lavoro sulla lingua latina, sicuramente insufficiente a svelare tutti i ÒmisteriÓ di essa, e
assolutamente inadeguato nella sua scarsit, comunque un umile tentativo di contribuzione per la
conoscenza e per la comprensione nella sua complessit.
CRISTINA TARABELLA.
Il breve ÒexursusÓ sulla lingua latina, spesso coinvolger altre lingue, come il greco, pi
comunemente, oppure lÓitaliano; e altre ancora. Il mio, in definitiva, un tentativo di apportare un
piccolissimo ÒquidÓ di maggiore informazione su ci che concerne la Òlingua latinaÓ. Quindi,
ovvio, lÓattenzione nostra sar maggiormente rivolta a questÓultima, e solo di sfuggita parleremo
delle altre lingue, l dove lo richieda la spiegazione, e dove esse ci saranno di supporto per chiarire
meglio gli aspetti e le trasformazioni del latino medesimo.
Le lingue definite troppo sbrigativamente ÒmorteÓ, come il latino appunto, o il greco, o il sanscrito,
e altre, in realt hanno al loro interno una vivacit e una ÒvisÓ talmente enormi, che basta
avvicinarvisi un poco a dare una ÒsbirciatinaÓ veloce, per renderci conto che esse vivono ancora
instancantemente fra noi.
Il LATINO una lingua che ÒrespiraÓ nel nostro eloquio quotidiano ( ce ne serviamo addirittura per
fare citazioni, o esprimere sentenze e Òdictat!Ó). Ci basti pensare ad alcuni modi di dire, come:
lupus in fabula , per indicare una persona di cui si stava parlando e che nel frattempo
sopraggiunta.
Excusatio non petita, accusatio manifesta , detto di chi si giustifica di qualcosa di cui non stato
accusato, e cos facendo rivela la sua colpevolezza.
Divide et impera! , detto di chi vuole comandare, portando la discordia fra le persone.
Alibi , detto di chi ha una prova che lo scagiona da un delitto; alla lettera vuol dire altrove .
Agenda , il diario su cui segnamo le cose che dobbiamo fare, e infatti alla lettera significa Ðcose
che si devono fareÑ.
Cave canem! . Quante volte lo abbiamo visto scritto sui cancelli!, infatti vul dire Ðattenti al caneÑ.
Dficit , di cui, purtroppo, si parla tanto in politica, , alla lettera, la ÐmancanzaÑ, a proposito di un
bilancio.
Gratis , Ðnon a pagamentoÑ, in realt, in latino, questo termine in Òcaso ablativoÓ, e vuol dire Ðcon
favoreÑ.
Ictus , , nella terminologia medica un Ðcolpo, o una battutaÑ, che danneggia i vasi vascolari del
cervello.
Interiora , quelle del pollo ad esempio, di cui parliamo dal nostro macellaio (e questo per chi,
lamentadosi di dover studiare il latino, pronunzia la fatidica frase : Ð Ma che me ne faccio, io, di
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imparare questa lingua!, non mi serve mica quando vado a comprare qualcosa dal macellaio!!Ñ).
Esse sono Ðle cose pi interneÑ (infatti la parola latina di grado ÒcomparativoÓ): lo stomaco,
lÓintestino, etc.
Merenda , che tutti i bambini fanno a met giornata, alla lettera significa Ðda meritarsiÑ, perch, in
passato, ricevevano tale compenso, soltanto i bimbi che erano stati buoni.
Mutande (che in latino scritto ÐmutandaeÑ, perch plurale), significa Ðda cambiarsiÑ. E,
presumibilmente (ce lo auguriamo!), tutti quanti ci ÒcambiamoÓ questo indumento, quando il
momento lo necessita!
Omnibus, poi divenuto solo BUS, significa Ðper tuttiÑ, ed indicava, allÓinizio del secolo, il veicolo,
trainato da cavalli, di cui Òtutti potevano usufruireÓ.
Referendum , al quale siamo chiamati a votare, grammaticalmente un ÒgerundivoÓ e significa
Ð(convocazione) per riferireÑ.
Super , cÓ la benzina ÒsuperÓ; oppure usiamo il termine come aggettivo, per indicare qualcosa di
eccezionale. Ebbene, in realt, tale termine , in latino, un Òavverbio di grado superlativoÓ, e
significa Ðil pi possibileÑ.
Tot , noi usiamo questo termine, per indicare una quantit non ben precisata, e infatti, anche in
latino, significa Ðtanto / tantiÑ; parola indeclinabile, quindi un avverbio, e significa anche qui
Ðquantit non precisataÑ.
Ci sono poi i modi di dire che pi si avvicinano a sentenze e citazioni.
Carpe diem.. lÓinizio di unÓOde di Orazio, che poi entrata, come frase, nellÓuso corrente, per
significare il concetto di Ðcogliere lÓoccasioneÑ, oppure di Ðaccontentarsi di ci che si ha sul
momento e sfruttarloÑ.
Castigat ridendo mores Ðcon il sorriso parla dei costumi corrotti e li correggeÑ, quindi indica un
qualcuno che con il sorriso sulle labbra corregge modi di fare sbagliati, che altri hanno.
Cogito, ergo sum famosa frase detta dal filosofo Descartes (Cartesio, 1596-1650), che significa
Ðpenso, dunque esistoÑ.
Do, ut des Ðd, affinch tu daÑ, vale a dire che Ònon si fa niente per niente!Ó
Dulcis in fundo Ðil dolce viene in fondoÑ, detto di qualcosa di bello che arriva alla fine. Tale modo
di dire spesso usato anche in senso sarcastico.
Dura lex, sed lex Ðla legge dura, ma la leggeÑ e dobbiamo rispettarla.
Errare humanum est, perseverare diabolicum Ðerrare umano, ma continuare a farlo
diabolicoÑ.
Historia magistra vitae Ðla storia maestra di vitaÑ.
Homo, homini lupus ÐlÓuomo un lupo per lÓuomo stessoÑ.
In vino veritas Ðnel vino cÓ la veritÑ, perch quando uno ubriaco, allenta i freni inibitori e dice
la verit.
Melius est abundare, quam deficere Ð meglio abbondare, che mancare di qualcosaÑ.
Mens sana, in corpore sano ÐlÓanima sana solo in un corpo sanoÑ.
Mors tua, vita mea Ðmorte tua, vita miaÑ, cio Òmeglio che la malasorte tocchi a te, pi tosto che a
me!Ó
Ora et labora Ðprega e lavoraÑ ; questo un motto dei frati benedettini.
O tempora!, o mores! ÐO tempi (corrotti)!, o costumi (corrotti)!Ñ
Panem et circenses sottinteso il verbo ÒdareÓ Ð pane e giochi del CircoÑ, cio accontentarsi nella
vita solo del cibo e del divertimento.
Repetita iuvant Ð le cose ripetute giovanoÑ.
Semel in anno, licet insanire Ðuna volta lÓanno concesso fare pazzieÑ.
Si vis pacem, para bellum! Ðse vuoi la pace, prepara la guerraÑ, cos, se il tuo nemico sa che tu sei
pronto a combatterlo, pu darsi che si dissuada dal farlo.
Sunt tecum, quae fugit , Ðrestano sempre dentro di te, e ti seguono ovunque, le cose che vuoi
fuggireÑ; questa una famosissima frase di Seneca.
Ubi maior, minor cessat ÐDove cÓ una cosa pi grande, la pi piccola viene sopraffattaÑ.
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Veni, vidi, vici Ðvenni, vidi e vinsiÑ. Famosissima frase di Giulio Cesare, che riferiva al suo amico
Amintio la propria vittoria riportata nel 47 a.C a Zela, sul re Farnace del Ponto. Questa frase si usa
per indicare che si portata a termine una questione in un batter dÓocchio.
Verba volant, scripta manent , Ðle parole si disperdono e si dimenticano, ma le cose scritte
rimangono per sempreÑ.
Vox populi, vox Dei Ðparole del popolo, parole della divinitÑ, per significare che ci che si sente
dire dalla gente il vero.
Quante volte abbiamo sentito ( almeno una volta!) frasi del genere!
Possiamo ben vedere dunque, il latino, fare capolino anche nel linguaggio meno clto, e lo
abbiamo dimostrato, citando soltanto una piccolissima parte di quel latino che tutti i giorni usiamo;
ci per non lasciare dito a dubbi, nemmeno nel pi scettico dei detrattori.
Non ci cimenteremo, in questo mbito, con tutto il linguaggio latino, che concerne i vari campi,
come quello ÒgiuridicoÓ, o ÒmedicoÓ, o ÒbotanicoÓ, o ÒetologicoÓ etc., altrimenti ci vorrebbe uno
studio a parte soltanto per ognuna di queste voci!
E ancora, a disdro di coloro che ancora reputano il latino una Òlingua mortaÓ, citer alcune altre
frasi da noi usate nel nostro quotidiano.
Ad maiora! Ðverso cose miglioriÑ. Lo si dice come forma di saluto e di augurio, quando ci si
accomiata da qualcuno.
ÐGli manca il cum quibus (con il quale). Questo modo di dire in realt, ci che rimane di una
proposizione interrogativa latina che suonava cos : cum quibus numnis? con quali denari?. Infatti,
anche nel significato che porta in italiano si intende che a qualcuno mancano i mezzi per fare
qualcosa.
Cum grano salis Ðcon un grano di saleÑ. Spesso lo diciamo ai giovani, per intendere che si devono
comportare con assennatezza.
Il sale, infatti, sin dallÓantichit, connesso con la saggezza e lÓassennatezza.
ÐGli ha posto un aut,aut Ñ [Ðo (questo), o (quello)]. Viene detto di qualcuno che vuol far decidere
qualcun altro, in modo definitivo, su qualche cosa.
sursum corda Ðin alto i cuoriÑ. Espressione derivante dal lessico ecclesiastico. Oggi ha perso il
senso religioso e lo si dice a chi si vede triste o Ðgi di corda Ñ (neutro, plurale da Òcor, cordisÓ =
ÒcuoreÓ). Questa frase unÓincitazione a stare Òsu di moraleÓ.
Ci sono poi singole parole che usiamo di continuo e, magari, neppure sappiamo che di LATINO si
tratta.
Come mutande, merenda , sopra citati appunto.
Ma cÓ anche salve! forma di saluto e parola direttamente latina.
Bis, si richiede a teatro, o al circo ; tris , nel gioco delle carte; tandem (la bicicletta a due posti).
Poi possiamo riportare quella che per noi divenuta una sola parola e che si usa in modo
ÒsesquipedaleÓ[ÒeccessivoÓ, da lat. ÒsesquipedalemÓ = Òdi un piede e mezzoÓ: composto da Òsesqui-Ò,
che sta per Òsem(i)squeÓ, letteralmente Òe (-que) met (semis), sottinteso Òin piÓ. EÓ un derivato di
Òpes, pedisÓ = ÒpiedeÓ].
Tale parola, unica per noi, in realt, in latino, Òuna congiunzione + un aggettivo neutro
sostantivatoÓ. Tale parola di cos largo uso, che se ne servono anche i bambini (anche i bambini
parlano il latino, dunque!, che sorpresa!). La parola di cui trattiamo Ò ecceteraÓ , che deriva dal
latino et cetera , e significa Ð e tutto il resto che rimaneÑ; dove cetera un aggettivo, neutro,
plurale, della I classe e che si sostantivato. In italiano le due parole si sono unite in una sola, ed
hanno subto anche il fenomeno della Òassimilazione progressiva (vedi infra)Ó.
...E ancora.
Il Duplex , detto del complesso di due apparecchi telefonici, rispondenti a numeri diversi, ma che
sono posti sulla stessa linea. Era un modo molto usato qualche decennio fa, nelle famiglie che
vivevano in condomin , per risparmiare denaro sul canone telefonico.
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La Laurea ad honorem, o honoris causa , quella laurea ricevuta Òper / a causa dellÓonoreÓ che
una persona si guadagnata per meriti particolarmente nobili e speciali.
E aliasÑ ?, quante volte avremo usato questa parola! Anche questa Òlatino direttoÓ e significa
Òaltrimenti dettoÓ. Infatti, questa parola, sia in italiano, che in latino, viene di solito usata davanti a
pseudonimi.
E quante volte avremo sentito dire una frase di questo genere: Ð Questo concetto ha in nuce un
ampio significatoÑ.
Bene in nuce significa propriamente Ðnella noceÑ, ed un modo per indicare qualcosa che gi cÓ,
ma che non ancora venuto in evidenza, e che ha ancora bisogno di svilupparsi, di ingrandirsi.
Ma allora cosa cÓentra la ÒnoceÓ?
La ÒcolpaÓ di questo modo di dire risale a Plinio il Vecchio (I sec. d.C.), il quale ci informa, in un
suo scritto, di aver trovato una versione dellÓIliade scritta, cos in piccolo, ma cos in piccolo, da
poter essere contenuta tutta in una noce!
Ora, forse, Plinio era un tantino fantasioso nelle sue ÒscoperteÓ; tuttavia rimane il fatto, che il suo
Ðin nuceÑ si trasformato in un modo di dire che giunto sino a noi, e che noi ancora usiamo, per i
pi svariati contenuti. Questo veramente straordinario.
Anche a noi stessi, poi, ci sar capitato di dire: Ð Guarda quel tale, come vestito!, proprio
sui generis !Ñ, che alla lettera vuol dire Ð di un suo genere particolareÑ, e per traslato si dice di
persona o cosa moplto originale e che possiede caratteristiche fuori dal comune.
Dunque, dopo tutto quello che sopra ho scritto, si pu ancora dire del latino, che esso una Òlingua
mortaÓ? Io direi proprio di no.
Il latino VIVE nellÓitaliano e accanto ad esso, compenetrandolo e arricchendolo in misura enorme.
Se poi per Òlingua mortaÓ si vuole intendere una lingua che ha cessato la sua evoluzione, niente
pi lontano dal vero, per quanto concerne la lingua latina. Essa infatti, da quando nata, continua
ad evolversi costantemente. Il latino arriva sino a noi attraverso le Òlingue romanzeÓ, dalle quali
ancora si evolve nelle lingue che ha derivato: lÓitaliano; lÓinglese; lo spagnolo; il francese; il
tedesco, etc.
Inoltre bisogna annotare unÓimportantissima informazione storico-linguistica e geografica, la quale
non ho mai visto comparire su nessun testo ad uso scolastico.
La lingua latina, non solo non affatto ÒmortaÓ, ma addirittura vive gaiamente (pi, o meno!), e solo
un poco trasformata, in unÓarea linguistica, sia pure ristretta, ma geograficamente definita, che si
trova nel Trentino Alto Adige.
Questo Òpseudo-latinoÓ, che tra lÓaltro si chiama ladino , ritenuta una lingua cos importante da
essere preservata, e ancor oggi viene insegnata nelle scuole del posto.
Per quanto riguarda il rapporto del ÒladinoÓ con il ÒlatinoÓ, potremo dire che, se lÓitaliano si pu
considerare il ÒpronipoteÓ del latino, il ÒladinoÓ si pu considerarlo Òsuo fratelloÓ!
Dunque, dopo aver esposto queste poche informazioni, ritengo che non si possa pi dire del latino,
che una Òlingua mortaÓ. Del resto, chi vuole continuare a dirlo, non sar certo impedito a farlo da
nessun divieto scritto: si tratta semmai di conoscenza e di buon senso!
In realt, qui e brevemente, noi abbiamo dimostrato quanta parte abbia ancor oggi il latino nella
nostra lingua.
Il problema veramente preoccupante di tuttÓaltra natura, a mio giudizio.
Questa lingua infatti (come il greco antico, e purtroppo lÓitaliano stesso!), non viene pi insegnata
in maniera ÒortodossaÓ nelle scuole.
Per cominciare bisogna dire che sono ÒapparsiÓ, come libri di testo per licei e magistrali, certe
rocambolanti grammatiche, le quali, cercando di ÒinventareÓ nuovi modi per snaturare il latino, non
hanno fatto altro che creare un enorme caos di nozioni posticce, e per di pi, proposte in modo non
sistematico, che suscitano (e gi se ne vedono i risultati, purtroppo!) nei giovani che si accingono ai
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primi rudimenti della lingua, un completo sbandamento, con la risultante di una incomprensione
totale.
Invece, per insegnare una nuova lingua, cos come per insegnare qualsiasi nuova cosa, bisogna
seguire un programma sistematico, chiaro e conciso, supportato da fermi punti di riferimento, che
dovrebbero essere gli insegnanti. La maggior parte di costoro, per, non pi in grado di ÒriferireÓ
ai propri studenti, la materia in modo chiaro; vuoi perch non ne hanno pi voglia (quanto
cambiata Î in peggio! Î la scuola!), vuoi perch a loro volta non hanno recepito abbastanza Òbene la
materiaÓ. Cos il tutto, cio le materie scolastiche, e fra esse anche il latino, viene malamente e
scarsamente propinato, a giovani che per la loro naturale inflessione alla frivolezza e ai passatempi
ludici, non hanno la bench minima intenzione di ÒsprecareÓ le proprie energie cerebrali per
lÓapprofondimento di materie di cui Ònon gliene pu importare di meno!Ó, per usare un linguaggio
Òad hocÓ, e preferiscono di gran lunga, mandarsi ÒmessaggiÓ con il cellulare e correre a comprarsi
lÓultimo ÒCDÓ di ÒTizioÓ.
Ecco come, di questa bella lingua, se ne perde il ricordo; se ne perde il gusto e sopratutto se ne
perde la conoscenza, anche da parte di chi, tale lingua, dovrebbe insegnarla, dopo averla studiata
allÓUniversit e aver conseguito una laurea che gli ha permesso di fregiarsi del titolo di
ÒinsegnanteÓ.
Allora, questo mio modesto lavoro, cerca soltanto di contribuire a non lasciare cadere nel
dimenticatoio, cose della lingua latina, che a scuola, ormai, neppure vengono nominate; e tende Î
sempre il mio lavoro Î a fare in modo che tali cose rimangano in queste righe, indelebili, nel tempo,
perch, come si diceva sopra: Ðverba volant, scripta manent!Ñ.
Del resto, tale contributo informativo , mi rendo conto, una festca infinitesimale, che galleggia
nel Mare Magno della Cultura.
Ma dÓaltrÓonde, il mare pur fatto di gocce!
Cos, a un di presso, non faccio altro, anche io, che contribuire, con la mia piccolissima goccia, ad
accompagnare le altre miriadi e miriadi di sue sorelle.
CAPITOLO PRIMO
In questo capitolo tratteremo un importante fenomeno linguistico, che, sin dallÓorigine della nostra
lingua, ci accompagna e si impone ancor oggi.
parleremo delle sonanti vocali Indoeuropee .
Le Ðsonanti vocaliÑ sono quattro lettere provenienti dalla nostra lingua madre, appunto lÓ Indo -
Europeo (abbreviazione: I.E.).
Esse accompagnano nella loro evoluzione, ogni lingua di derivazione I.E.
Tali lettere sono cos denominate (Òsonanti vocaliÓ), perch nellÓ I.E. il loro suono era talmente
sonoro, ma al contempo talmente aperto, che, insieme ad unÓaltra consonante, formavano una
sillaba.
Chiaramente, da quei tempi remoti (si parla di unÓepoca compresa fra il IV ed il III MILLENNIO
a.C.) le capacit fonatorie delle genti, dei popoli, si sono modificate, sia nel tempo, che nei luoghi.
E cos, come oggi, noi Italiani troviamo difficolt nel pronunziare una lingua straniera (perch i
nostri organi fonatori si sono sviluppati per i suoni che produce la lingua italiana), parimenti non
saremmo pi in grado di pronunziare queste quattro lettere come erano in origine; lettere che del
resto sono assolutamente necessarie per lÓevoluzione della lingua.
Gi i Greci avevano ÒevolutoÓ Òle sonanti vocaliÓ in qualcosa di diverso da ci che erano
originariamente, per pronunziarle meglio.
Abbiamo attestazione di ci, a partire dal XV sec. a.C..
Qui occorre fermarsi un attimo per fare una precisazione molto importante.
La pronunzia SCOLASTICA del greco antico , detta erasmiana , perch appunto ERASMO DA
ROTTERDAM, che fu un rinascimentale vissuto dal 1467, al 1536, ÒcodificÓ questa lingua (il
greco antico) secondo i SUOI personali criteri !!
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